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IL PARTITO DEMOCRATICO HA SMARRITO LA DRITTA VIA
Tutta la sinistra italiana è pervasa da una crisi politico – istituzionale aggravata dall’aver smarrito la propria identità dimenticando addirittura le proprie origini: “quel Karl Marx che profetizzava il passaggio alla coscienza enorme, generata dalla conoscenza e dall’applicazione della scienza nei mezzi di produzione”. Concetti, questi, evidentemente un po’ astrusi per i disattenti dirigenti che si sono alternati alla guida del Pd; ostacoli insormontabili per i politici e commissari calabresi che, asini tra suoni, complici la cecità ed il disinteresse degli organi centrali, hanno ridotto il partito ad un morto che cammina.
di Renato Borelli    /  politica   / 02 Marzo 2022

L’acqua passata non fa girare le pale del mulino bensì altri organi di chi – adepti o simpatizzanti – ha costruito per anni castelli sulla sabbia, immancabilmente cancellati dalla risacca. Motivo questo per cui, a guisa di Francesco Ferrucci dinanzi al suo giustiziere Maramaldo, non sto a pronunciare la fatidica frase vile tu uccidi un uomo morto, bensì a sottolineare come il tatticismo abbia negli anni trascorsi prevalso sui contenuti e come lo pseudo rinnovamento delle classi dirigenti abbia ubbidito all’ormai ridicola gestione del tesseramento che ha consentito alla fin fine, di associare in modo occulto alla gestione del potere i competitor di ieri e di oggi. Insomma per farla breve dissensi, parole, reciproche accuse per finire poi con il partenopeo tenimmoce accussì anema e core.
A mio modesto avviso, malgrado i buoni propositi di intraprendere un radicale rinnovamento che non si discostasse dalle proprie origini e che aiutasse a ritrovare la propria identità, la responsabilità dei disastri politici avvenuti è di chi si è alternato alla guida del Pd. Basta fare una semplice riflessione: a far data dal 2007 si sono succeduti Veltroni, Franceschini, Bersani, Renzi, Martina, (due reggenti Epifani ed Orfini), Zingaretti fino al febbraio 2021 e, dulcis in fundo Enrico Letta, da marzo 2021. Vale a dire che in 14 anni, mese più mese meno,  intervallati da elezioni politiche, dimissioni e diserzioni, il Pd non è stato in grado non solo di formare e guidare coalizioni autenticamente riformiste senza perdere di vista l’identità e le sue origini bensì – con l’aggravante prevalente sulle attenuanti generiche – di aver annientato l’intero centrosinistra del paese a differenza del centrodestra che pur in assenza di programmi e contenuti progettuali tra i partiti che lo compongono, quando si tratta di conquistare postazioni di potere, miracolosamente, si aggregano. Esattamente il contrario di quanto è avvenuto ed avviene nel centrosinistra!
Esattamente il contrario di quanto avvenuto in Calabria dove l’allegra gestione del partito democratico, messa in essere da Letta e dal suo proconsole Boccia, ha trovato la perpetuazione del leit motiv di cui sopra e l’incapacità di gestire i processi politici fottendosene del rapporto, inesistente, col territorio.
Circostanza questa che ha provocato due sonore, annunciate sconfitte: Santelli prima ed Occhiuto subito dopo! Antagonisti dei quali, nella prima edizione uno spaesato Pippo Callipo, eccellente imprenditore “tonniero” quanto sprovveduto politico, e nella seconda tornata elettorale, causata dalla  prematura scomparsa di Iole Santelli, la Amalia Bruni, più scienziata che politica, contro Roberto Occhiuto, capitano di lungo corso ed ultimo rampollo di una dinastia che, nei tersi cieli calabresi, non gode del favore delle stelle.

Per la cronaca i dem, alle ultime regionali hanno conquistato solo 5 seggi diventati
7 con i 2 del M5s, cosa che certamente avrà fatto versare lacrime amare agli spin doctors pieddini, e provocato tra i  pentastellati la certezza che è venuto, per loro, il tempo dei limoni neri.
Non sto qui adesso a piangere il morto ed elencare i “demeriti” dei Magorno e dei Graziano, della loro incapacità di favorire il rinnovamento della classe dirigente di un partito che in Calabria ha dato sempre politici di tutto rispetto per coerenza e lungimiranza, quanto a sottolineare l’incapacità e la qualità degli organi centrali di affrancarsi dagli errori commessi nell’espletamento della loro azione di governo e soprattutto nell’ignorare le istanze dei territori, con l’inevitabile conseguenza di affidarsi alla expertise di antichi gestori di tessere, abili manipolatori di successi costruiti a tavolino. Tanto è avvenuto negli ultimi tre lustri tra gli inquilini del Nazareno. Allo stato si può sperare in un cambiamento di rotta?

E’ presto per dirlo,
ma a giudicare da quanto sta avvenendo tra le amate sponde calabre, da tempo immemore terre di conquista per commissari, consulenti e collaboratori… vivaddio, sembra che qualcosa si muova anche in campo politico, anche in casa pieddina dove a livello regionale, provinciale e zonale, pseudo taumaturgici guardiani della galassia, han fatto il bello (?) ed il cattivo tempo per anni provocando l’allontanamento dei tanti militanti che nel Pd, in tutte le sue declinazioni, han sempre trovato un punto di riferimento perché ancorato alle esigenze dei territori, non alle balorde volontà di chi in quel momento aveva il potere di decidere.
Dismesso, pertanto, il pernicioso commissariamento, sta facendo capolino nel Pd una nuova primavera: finalmente i calabresi, attraverso un processo elettorale, con regole rispettate malgrado le tentate “turbative” di chi non voleva mollare il potere, ha eletto il consigliere regionale Nicola Irto segretario regionale calabrese. E col vento del rinnovamento in poppa sono stati eletti i segretari provinciali e dei circoli.

L’avv. Gennarino Masi, presidente della Fondazione Terina
, uomo lametino dell’anno 2021, per aver messo ordine e sanato i dissestati numeri dell’ente affidatogli, perennemente in disastrosa perdita, per esser stato l’artefice della realizzazione dell’aula bunker, è il nuovo segretario cittadino eletto per ricostruire il Pd lametino. Per lui due domande:

a) Quanto avvenuto è fuoco di paglia o l’inizio di un nuovo corso?
Il confronto e la discussione tra le compagne ed i compagni ha posto l’esigenza non più rinviabile di una riorganizzazione strutturale del partito mettendo in campo tutte le iniziative opportune per rinvigorirne la sua azione che è il presupposto per la ridefinizione di una proposta politico-programmatica progressista, che deve però trovare nell’approfondimento dei temi del lavoro, della stabilità dell’occupazione, del superamento della sua flessibilizzazione  e precarietà, dei Diritti, del Welfare e dell’Ambiente, sintesi e realizzazione rispetto a pratiche concrete di GIUSTIZIA ED EQUITA’ SOCIALE. Su queste basi molti compagni hanno ripreso la tessera condividendo il progetto.

b)
Qual è il suo programma di lavoro per la ricostruzione del Pd lametino?
Ci prefiggiamo lo scopo di ripartire da ciò che ci unisce, al fine di rilanciare e ricostruire un partito  nuovo,  rinnovato  nella sua classe dirigente,   che sappia aprire un confronto costruttivo con le altre forze del centro sinistra, e  sappia costruire le  basi per il rilancio vero dell’azione politica a Lamezia,  che può realizzarsi solo se si riesce a  coinvolgere nuove forze sociali  della città ad iniziare da un più stretto  coinvolgimento dei  giovani del Pd,  il cui contributo dovrà essere sapientemente apprezzato e valorizzato dal partito, in una prospettiva rivolta  necessariamente e indiscutibilmente verso il futuro.
Va implementata la presenza del partito nelle aree interne, ma va resa altresì più incisiva l’azione ed il ruolo del partito nelle aree urbane, per affermare politiche e programmi che mirino al recupero dei valori della sinistra, avendo sempre presente che il compito precipuo del nostro partito è quello di rappresentare le istanze della nostra gente che, spesso, risiede e vive nelle città,  ma anche nelle periferie, dove disagio, emarginazione, carenze di servizi e trasporto pubblico generano isolamento sociale ed acuiscono le povertà.  Il centrosinistra non può più rassicurare solo i ceti benestanti, come purtroppo sta accadendo ormai da tempo, difendendo interessi che spesso confliggono con quelli di lavoratori, precari, giovani, pensionati e del Mezzogiorno.
La sfida per cambiare in meglio le condizioni di vita delle persone che rappresentiamo vale la pena di essere raccolta fino in fondo, e richiede necessariamente l’unità del gruppo dirigente, la sua coesione sugli obiettivi da realizzare sapendo fin d’ora che chi vorrà partecipare a questo ambizioso progetto troverà la massima disponibilità da parte mia e nessuna preclusione alla direzione unitaria del partito.