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UCRAINA: LA GUERRA DEI MEDIA
Nel tempo della globalizzazione dei mercati, della finanza e della circolazione delle notizie, cercare di distinguere la verità dal falso è diventato molto più difficile che nel passato, anche per la moltiplicazione e globalizzazione dei mezzi di comunicazione.

Nel libro VIII dell’Odissea di Omero, c’è la scena in cui Odisseo, l’eroe protagonista del poema, piange ascoltando Demodoco che canta la storia della guerra di Troia e l’inganno del cavallo.
Questo episodio ci aiuta a comprendere alcuni aspetti della vita sociale e dell’ideologia prevalente nelle società aristocratiche della Grecia nell’VIII secolo a.C., quando i racconti tradizionali di una guerra avvenuta cinquecento anni prima presero la forma di un poema trasmesso oralmente e attribuito a Omero.
Era uso nelle corti aristocratiche greche che le gesta eroiche degli antenati delle antiche città micenee di Micene, Sparta, Tebe, Tirinto ecc. fossero richiamate alla memoria e celebrate nei banchetti da cantori. In questi canti si raccontava la storia comune del popolo greco e si diffondevano i valori civili, religiosi e gli eventi storici che costituivano il modo in cui gli abitanti della Grecia dell’VIII sec. davano significato alla loro esistenza e si distinguevano dai ‘barbari’.
Sette secoli dopo, il poeta Virgilio e lo storico Livio raccontavano nelle loro opere l’origine mitica di Roma ed esaltavano quei valori che avevano fondato il potere romano sulle terre che s’affacciano sul Mediterraneo, giustificandolo come inserito in un disegno voluto dagli dei.

Anche il Cristianesimo con S.Agostino, S. Tommaso, Dante Alighieri proponeva una raffigurazione dell’esistenza umana e della storia centrata sull’avvento e sul sacrificio di Cristo, presupponendo la superiore verità del cristianesimo nei confronti delle altre religioni.
In tempi più recenti, nel Novecento, fascismo e nazismo da una parte e comunismo sovietico dall’altro hanno proposto narrazioni della storia che giustificavano scelte sociali, economiche e militari con le conseguenze che conosciamo.

Nella seconda metà del Novecento, con la crisi dello strutturalismo filosofico e l’avvento del postmoderno, almeno nei paesi liberaldemocratici, saremmo entrati nell’era della post-verità.
Le teorie di Georg Gadamer e le tesi di Gianni Vattimo sul “pensiero debole” tendono a giustificare in campo filosofico proprio questa tesi: più che la verità ci sono tante verità, e forse il modo migliore per affrontare il problema è il dialogo.
Ma anche in campo scientifico il filosofo Karl Popper sostiene che solo le teorie per principio falsificabili, cioè non dogmatiche, possono definirsi scientifiche, perché in grado di spiegare i fenomeni nuovi e fornire gli strumenti per il loro controllo. In altre parole non ci sono teorie scientifiche con pretesa di verità assoluta come avviene per i dogmi religiosi.
“In effetti come specie abbiamo sempre vissuto nell’era della post-verità. Homo sapiens è una specie post-verità, il cui potere dipende dal creare narrazioni e dal credervi. Fin dall’Età della pietra i miti avevano lo scopo di unire collettività umane e dunque svolgevano una funzione che potremmo chiamare di “auto conforto” reciproco. […] Noi siamo gli unici mammiferi che possono cooperare con numerosi stranieri perché solo noi possiamo inventare storie, diffonderle, e convincere milioni di altri a credere. Finché crediamo tutti alle stesse storie, obbediamo alle stesse leggi e possiamo cooperare in maniera efficace.”  (Yuval Noah Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, Bompiani 2019, p. 308)
Nel tempo della globalizzazione dei mercati, della finanza e della circolazione delle notizie, cercare di distinguere la verità dal falso è diventato molto più difficile che nel passato, anche per la moltiplicazione e globalizzazione dei mezzi di comunicazione.
L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo è l’esempio più evidente di tale difficoltà. Quella che per l’opinione pubblica occidentale è una guerra di invasione nei confronti di un Paese indipendente, per il Presidente russo Putin e per l’informazione pubblica russa non è una guerra, ma “un’operazione militare speciale” per la denazificazione dell’Ucraina.
Tale definizione è giustificata da una guerra tra ucraini e filorussi durata anni nella parte meridionale dell’Ucraina, e dalla convinzione dei russi che l’Ucraina è parte dei territori che da secoli fanno parte della “Grande Russia”. Se nei Paesi occidentali la libertà di pensiero e di stampa consente una varietà di posizioni e di scelte, in Russia e nei Paesi retti da regimi autoritari il dissenso non è ammesso e viene perseguito con metodi repressivi.
La visione russa dei fatti è stata in parte accolta da intellettuali, associazioni, direttori di giornali italiani avversi all’egemonia storica degli USA e al rafforzamento della NATO, e contrari ad aiuti militari agli ucraini perché per loro inutili e destinati a prolungare la guerra e le stragi di civili, senza contare una possibile escalation militare col coinvolgimento di altri Paesi europei.
Non c’è una verità, ma tante verità che inquadrano i fatti in una narrazione coerente finalizzata a diverse modalità di intervento, modalità che rispecchiano interessi economici e politici diversi.
L’unica verità incontestabile è la realtà delle distruzioni e dei morti, anche se qualcuno ha sostenuto che si tratta di scenografie costruite da questo o da quello dei contendenti. Dice lo storico e antropologo israeliano Juval Noah Harari che, se una narrazione è accolta da pochi e per poco tempo, è poco credibile ma “quando un miliardo di individui vi crede per un migliaio d’anni – questa è una religione, e siamo ammoniti di non chiamarla ‘notizia falsa’ per non ferire la sensibilità dei credenti (o incorrere nelle loro ira).” (op. cit. p. 309)
Vale per tutte le grandi religioni del mondo attuale e per gli eventi che avvengono in tutto il mondo e che, per quanto lontani, ormai vediamo in diretta e comunque ci riguardano.
Tutti gli esseri viventi si adattano all’ambiente reale e interagiscono con esso; solo l’uomo ha bisogno, per aderire alla realtà, di costruire scenari culturali per inserirvi i fatti. E’ la storia dell’umanità, la nostra storia.