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Il pendolo di Foucault resta immobile Fatti e fattoidi della Calabria in cammino

Sensazionale: da fonti accreditate abbiamo appreso che nei giorni scorsi, nel salone della Sala Oro della Cittadella regionale, a Germaneto di Catanzaro, è stato installato il Pendolo di Foucault, per “studiare” le sue oscillazioni, in vista ed in preparazione delle prossime elezioni regionali. Sul piano, raffigurante la Rosa dei Venti, sull’asse nord foto, a tutto campo,  di Oliverio; a est, ovest e sud foto di Tallini e di tutti i papabili aspiranti nocchieri al timone della regione bruzia.

Tutti in atteggiamento pensoso – colto nell’ attimo fuggente da Oliviero Toscani – il pendolo non ha accennato ad alcuna oscillazione. Malgrado siano stati applicati elettromagneti di sollecitazione, non è emersa la Forza di Coriolis, che solitamente si manifesta sui corpi in spostamento sulla superficie della Terra, non quelli vaganti nell’ Aria,  specialmente se fritta.
Un segnale, questo,  per niente buono in quanto se il pendolo di Foucault non oscilla è per assenza di onde magnetiche che, solitamente si percepiscono a fronte di una qualsiasi  attività.
Invece immobile era ed immobile è rimastoCome la Calabria che  il documento di economia e finanza per il triennio ‘17 –19  dà, fin dagli albori del 2015, anno in cui il gladiatore Gerardo Mario Oliverio è salito al trono, l’immagine di una regione in cammino.
Egli già combattente per lo sviluppo della Sila cosentina, già consigliere regionale, già sindaco di San Giovanni in Fiore, già  deputato della Repubblica, già decine di altre cose, ora  number one della Regione bruzia ed aspirante al secondo mandato, ha preso in mano le redini del carrozzone più sconquassato d’Italia – bisogna dargliene atto –  reso tale da quanti si sono succeduti alla sua guida ed affossato dal pibe de oro Giuseppe Scopelliti, che qualche buontempone, in illo tempore, indicava come esempio di amministratore da emulare.  
Certamente riportare la Cenerentola d’Italia almeno in condizione di partecipare al gran ballo delle Regioni non era e non è cosa facile. Ritrovarsi, però, dopo quasi un mandato a non avere fatto un passo avanti, anzi ad aver peggiorato il welfare di tutti noi altri e non aver risolto, o per lo meno avviato a soluzione, uno solo dei problemi che ci attanagliano, ebbene  non c’è commento che tenga.
Dà epidermico pruriginoso fastidio, pertanto che gli aedi di regime  –  leggi cantori professionisti a payroll di noi altri – non perdano  l’occasione di utilizzare il termine “resilienza” (sta per capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici) per meglio enfatizzare le gesta del gladiatore nell’arena.
Per loro la regione Calabria, motori spinti allo spasimo, è  decollata, già dal 2015, quando  il legionario dell’altopiano silano aveva appena poggiato  il corpo stanco sull’ ambito trono del territorio che fu degli Ausoni, dei Lucani, dei Greci e dei Romani.
Consumi ed investimenti, pil per abitante, scambi con l’estero, dinamica migratoria, struttura demografica, mercato del lavoro, disoccupazione corretta, gestione dei rifiuti urbani, servizi pubblici e socio assistenziali, sanità, legalità e sicurezza, le foreste ed il territorio,  più scuola, più opportunità, più diritti …tutto è calendarizzato in mente Dei, tutto previsto dall’ amministratore del condominio, niente eseguito per mancanza di programmi di sviluppo, per  le lungaggini  burocratiche, per le inadempienze degli enti locali, per l’impasse che regna a Roma e dintorni.
Intanto chi se ne fotte se il reddito delle famiglie calabresi è il peggiore d’Italia; se i servizi pubblici non funzionano;  se i comuni annaspano; se la sanità è in braccio a Maria, (lungi da me intenzioni blasfeme…la Maria dei miei lontani ricordi niente ha a che vedere con la Santa Vergine);   se la 106 ionica continua ad essere la strada dei morti viventi; se quasi la metà degli abitanti non raggiunge condizioni tali da permettere innovazione e crescita; se bastano 24 ore di pioggia per mettere in ginocchio una regione il cui territorio è abbandonato a se stesso, o meglio alle cure della fallimentare Calabria Verde, del  commissario per l’emergenza idrogeologica (Oliverio) e del suo soggetto attuatore (Gallo).
E l’elenco potrebbe scorrere… ma al di là della narrativa l’epilogo è sempre quello: una Calabria sempre più vecchia ed in grave crisi socio economica.
In questa vicenda, però,  quel che più rode è che i violini di prima e seconda fila – gli aedi e le truppe cammellate – ubbidienti e zelanti al canovaccio di “regime”,  non accennino nemmeno al fatto che qui  le tasse locali (regione, province, comuni) sono le più pesanti d’Italia, e di contro i servizi pubblici rimangono tra i peggiori di tutta la penisola.
In questa terra di story – tellers, di gente vocata al racconto che poi la racconta ad altri spergiurando sulla sua autenticità, ciò non sorprende alcuno. Perfino i dati Istat o di Banca d’Italia, vengono messi in dubbio, senza fare una piega. Trovano, pertanto, terreno fertile e fecondo quei proclami, quegli annunci  di chi dallo scranno più alto, attraverso un’intessuta ragnatela di portaborse, prosseneti  e portavoce, scelti tra i migliori fichi del bigonzofa pervenire alla vulgata le  “verità del legionario”costruite per sbalordire il borghese Epater la bourgeoisie, come sta facendo il nostro vicino di casa Macron.
Fino a quando la Casellati, presidente del Senato, venuta tra noi in occasione delle “turbolenze atmosferiche”, elegantemente e  con l’avvedutezza che la distingue, nel congedarsi ha più o meno detto: l’emergenza è un fatto di eccezionale gravità che si verifica in maniera estemporanea.  Sono almeno 20 anni che non siamo più in presenza di emergenza, ma di uno stato di pericolo permanente. Intelligenti pauca.
Forse sarebbe il caso che si facesse un distinguo tra i fatti ed i fattoidi, equivalenti questi ultimi,  alle chiacchere di quattro amici al bar.