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Elezioni lametine: il giorno della verità Esprimere un voto libero è l'ultima chance

La roulette“Il giorno della verità” non è quello descritto nel brano musicale dei Nigrita di qualche anno fa, ma lunedì primo giugno, quando 545 candidati al consiglio comunale lametino, divisi in 23 liste, per 24 posti di consiglieri, apprenderanno se i responsi delle urne sono stati loro favorevoli. Trattandosi di elezioni comunali, l’afflusso ai seggi sarà senz’altro più consistente di quello registrato alle regionali: la previsione dei politologi, infatti, si attesta attorno a circa 40 mila elettori, poco più poco meno, che rappresenterebbero il 70% degli aventi diritto al voto. Come si ricorderà, per l’elezione del governatore calabrese si recò alle urne solamente il 44% degli elettori lametini.
Sarà stata voglia di apparire, desiderio di autostima, cultura del “selfie”, più semplicemente narcisismo allo stato puro ed effettivo o irrefrenabile desiderio di cambiar corso all’andazzo politico-amministrativo, certo è che “la meglio gioventù  lametina“ è scesa nell’agone politico.
Quali ne siano le cause – contestazione, controcultura, maturità (nobiltà di intenti) o, invece, opportunità da cogliere in politica, disponibilità ad annullare se stessi pur di raggiungere quanto desiderato (perdita di dignità e dell’io) – non ci è dato sapere. Certo è che candidati e famiglie di appartenenza si sono scatenati in questa tenzone, il cui premio è il misero appannaggio di una pensione sociale, a meno che gli intenti non siano altri…
Comunque solo 24 saranno baciati dalla dea bendata e 521 coloro i quali dovranno aspettare giorni migliori, se il loro “selfie” è destinato a durare, a diventare sociale là dove domina la “cultura del like“, là dove – clik dopo clik – in tempora china omnia strunza natant.
Tenzone all’arma bianca, invece, per la poltrona di primo cittadino: se la contendono la destra, la sinistra, il centro, come sempre a geometria variabile, le frange, i cespugli e gli spiriti liberi, meglio conosciuti come free lance, fino all’altro ieri molto “free”.
La destra, libertina madre dai facili costumi, dopo aver messo all’angolo l’udieccino degenere figlio (Talarico, relegato alla sussistenza), schiera Paolo Mascaro e Pasqualino Ruberto, fratelli coltelli,  come Romolo e Remo. Per ragioni di prima genitura e di predominio, nel tentativo di darsi una mano di biacca politica, ufficialmente si presenta con l’incensurato, adamantino Paolo Mascaro. Abiura Ruberto che, ottimo gregario ed agnello sacrificale dei tempi appena andati, qualche scheletro nell’armadio ce l’ha. I portatori d’acqua Magno, De Biase e quant’altri, a seconda convenienza politica o per personali risentimenti, si schierano da una parte o dall’altra.
A prescindere dalla facciata, essi sono figli della stessa madre: sono i diretti responsabili dello sfascio della regione Calabria;  sono coloro i quali tentano, proditoriamente, non facendone cenno, di nascondere i danni provocati dal modello gestionale di Scopelliti ed accoliti, che qualcuno più in alto – Berlusconi in diciotto anni di scellerato governo – ha tentato di esportare come modello gestionale per le regioni italiane. Non va dimenticato, in questo contesto, l’uomo dei corridoi dai passi felpati, colui che agisce e gestisce, a seconda convenienza, considerevoli flussi di consensi elettorali, naturalmente osservando il vademecum clientelare, sia esso quello di calabresi, etici e non, ad ogni latitudine e longitudine.
Fa specie, pertanto, sentire Mascaro, candidato ufficiale, dire che “tra pochi giorni la città sarà finalmente libera. Usciremo da un incubo durato venti anni”. Fa poi girare gli attributi meridionali l’affermazione di Ruberto, candidato Labor, che in un momento di autoesaltazione, facendo un confronto tra Keynes ed i suoi oppositori economisti, tira fuori “cinquemila posti lavoro in cinque anni, avvalendosi di autorevoli figure professionali”. Sempre che egli abbia a disposizione – in occasione di ogni competizione elettorale  – un congruo gruzzolo da distribuire. Considerata la sua perspicacia economica, sarebbe il caso andasse a dare una mano all’ellenico Varoufakis.
Nell’emiciclo della sinistra le cose stanno in maniera diversa, ma non senza lacci e lacciuoli: Tommaso Sonni è il candidato sindaco dei pieddini, forse obtorto collo. Perché chi prima ha ordito il commissariamento del partito lametino (Lo Moro – Scalzo) non si aspettava che, alle primarie del Pd, una lista civica, Città Reattiva, vincesse  senza che il suo capolista non  fosse nemmeno   iscritto al partito.
Visti i risultati,  i deus ex machina del partito lametino, nonchè i responsabili regionali, han dovuto fare macchina indietro ed invertire la rotta, penso, inventando nuove logiche spartitorie e  prebende per soddisfare gli appetiti dell’entourage partitico. Di più non so e non riesco ad immaginare.
Nicola Mazzocca, leader di Idee in Movimento, in considerazione dei suoi trascorsi amori – non è il caso rimembrarglieli – auspica un voto libero “non dato per ricambiare un favore ma per premiare competenza, capacità e progettualità”. Meno male che alla fine della fiera prevale il buon senso!
I pentastellati,  per bocca del loro leader Giuseppe D’Ippolito, affermano che “in tanti professano moralità, etica e legalità, ma in realtà farebbero bene a tacere. E’ davvero incredibile che dopo decenni di disastri e fallimenti c’è chi ancora continua a votare a destra ed a sinistra ”.
Quanto a Mimmo Gianturco, “Sovranità, prima gli  Italiani”, essendo egli sempre tra la gente, non siamo riusciti ad intercettarlo. Ce ne scusiamo.
Questi i fatti, i misfatti, i proclami, le frasi ad effetto. Le camarille, gli accordi sottobanco, gli apparentamenti in caso di ballottaggio saranno oggetto di un sequel tutto da inventare.
Di Lamezia città in ginocchio, delle sue tristi condizioni socio-economiche, della mancanza di direttrici di sviluppo, della ricostruzione della sua immagine (proprio ora che la città della piana è balzata sulla ribalta nazionale per la vicenda del narcotraffico e del calcio scommesse) nessun candidato sindaco ha detto più di tanto o ha manifestato l’intenzione, qualora eletto, di costituirsi parte civile, nei processi che saranno celebrati, per i danni arrecati alla città.
Ognuno di loro – come tutti coloro che li hanno preceduti – ha “proiettato”, a colori e sul maxi schermo un american dream dimenticando che senza prosperità e benessere i sogni muoiono all’alba.
Sulla scorta di ciò i lametini si recheranno alle urne tra mille perplessità e sarà già un gran passo in avanti se esprimeranno un voto libero da condizionamenti clientelari e da lusinghe e  promesse di imbonitori e pifferai.