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ELEZIONI REGIONALI IN CALABRIA: NON È FINITO IL TEMPO DELLE SUPERCAZZOLE!
Non c’è un nuovo che avanza, anzi il vento del rinnovamento si è fermato probabilmente nelle gole del Pollino. La colonia calabrese è stata solo merce di scambio sullo scacchiere politico delle segreterie dei partiti. Pd e pentastellati pur consapevoli di andare incontro ad una sonora sconfitta hanno rinunciato a mettere in campo una compagine riformista. Vecchie glorie, gregari e prestanomi popolano le liste elettorali. Sapranno i calabresi esprimere un voto che metta fine al sempiterno clientelismo?

Se esiste una maniera con la quale il paese può tornare a sperare in una classe politica, è proprio in questo ritorno dello schietto, spostando di nuovo l’asse dal Politicamente Corretto, verso un concetto antico, il Politicamente Connesso.
Così Cosimo Pacciani, qualche giorno fa scriveva sull’HuffPost.
La nota calza a pennello non solo con quanto sta avvenendo a livello nazionale, ma è anche una nitida fotografia dell’amara realtà dei calabresi che, ignari, si accingono ad andare alle urne nei primi giorni di ottobre.

E’ a conoscenza di tutti che le condizioni socio – economiche di questo lembo di terra non consentono più nebulose divagazioni in quanto il tempo delle supercazzole e delle metafore è finito, mentre è sempre più pressante l’urgenza, programmatica, ideale e propositiva. Ma di questo non si parla!
Mi dissocio, però, dal coppino politico, vale a dire quello scappellotto dato a mano aperta sulla nuca dell’interlocutore, a mò di sfottò, per richiamarlo alla realtà.
Invero io avrei usato ed userei, per gli esponenti politici di ieri e per i tanti di coloro che si propongono oggi, ben altri modi di richiamo alla realtà!
Comunque tra polemiche e veleni, disinvolti cambi di casacca e clamorose esclusioni, candidature di parenti, amici fidati e lacchè, vendette e dispettucci, assegnazione dei collegi sicuri ai grandi conveyor di voti, ha preso il via “il carrozzone elettorale Calabria 2021”, con la solita iattanza e sicumera, ma anche con l’accortezza di sfuggire ai lacci e lacciuoli della commissione antimafia.

Al nastro di partenza, primo fra tutti, il legionario Mario Oliverio, storico esponente della sinistra, privo dei fregi delle campagne di “guerra” combattute in passato.
Corre con una sola lista  “Oliverio presidente, identità calabrese”. Con lui i fedeli Francesco D’Agostino, Maria Francesca Corigliano, Bruno Censore. Perde, lungo la strada, Flora Sculco che approda sulle sponde uddiccine, Giuseppe Aieta ed Antonio Villari che preferiscono le acque chete pieddine.
Rispetto al parterre che lo circondava nel recente passato, la sua sembra solo una candidatura di protesta a fronte degli atteggiamenti dispotici e colonialisti della segreteria lettiana che, imperterrita, continua a sfornare un commissario dopo l’altro alla guida di quel che resta del fu Pd calabrese.
L’ex governatore, comunque, pur a ranghi ridotti, pur avendo mosso critiche severe al direttivo del suo inesistente partito, alquanto dimentichino delle regole democratiche (leggi primarie), si dichiara fiducioso del risultato che verrà. Doveroso, per lui, il presentat armi di rito.

Sei le liste dell’ex pm Luigi De Magistris, altro contendente dello scranno presidenziale. Rappresentante del Polo Civico calabrese, l’ex sindaco di Napoli proprio perché al di fuori delle logiche spartitorie dei partiti, confida, anzi è certo della sua brillante affermazione. In una sua intervista rilasciata ad una emittente locale, dopo aver confutato quanto i suoi detrattori gli attribuiscono per il suo operato come sindaco di Napoli, con la disinvoltura e la nochalance che lo contraddistingue, ha “dipinto” con quattro pennellate la situazione catastrofica in cui versa la regione Calabria.
Altro che nuovo che avanza si profila all’orizzonte, ha detto, alludendo all’on. Occhiuto e compagnia cantante… per poi concludere con l’on. Salvini – “che qualche anno fa diceva che per colpa dei calabresi si vergognava di essere italiano”– ricordandogli che il suo partito da quasi un anno , sta governando la Calabria, si fa per dire, con il presidente f.f. Spirlì al quale non ha risparmiato critiche per il suo modus operandi caratterizzato, specialmente in questi ultimi tempi, da centinaia di assunzioni di portaborse, autisti e quant’altro, per solo becero clientelismo elettorale, dando per il resto spazio solo al nulla vestito di niente
Ha concluso l’ex pm, riferendosi particolarmente al leader leghista, con un anatema: “il vostro tempo è finito, tocca ora alla Calabria onesta, ai calabresi perbene riprendersi i loro diritti.”

Sette le liste nell’orbita di Roberto Occhiuto, astro nascente appartenente a quel nuovo che avanza. Ma tanto nuovo non è, anzi è ben conosciuto in tutta la regione, in particolar modo nella circoscrizione nord, dove è ricordato per la sua brillante carriera politica caratterizzata da frequenti cambi di casacca – da Forza Italia al Centro Cristiano Dem di Casini, poi all’Udc, poi, non dimentico dei vecchi amori, torna in Forza Italia – cambi che però non hanno mai intaccato il suo portfolio sempre traboccante di meritati consensi elettorali.
Oggi il guru, candeggiato con la varechina del suo stucchevole perbenismo sociale, guida spirituale del centrodestra, comandante la panzer division costituita da Forza Italia, Fdl, Lega, Udc, Cambiamo con Toti, Noi con l’Italia e Coraggio Italia, si appresta a celebrare il trionfo che lo porterà a sedere sull’ambito scranno di presidente della più squinternata  regione d’Italia, rivolgendo sentiti ringraziamenti al direttore della scuola parigina di studi politici Enrico Letta ed all’avvocato d’Italia Giuseppe Conte, corresponsabili della certa, inevitabile, voluta debacle del centrosinistra calabrese.
E’ avvenuto così, tanto per presentare volti nuovi, che il politologo parigino e l’avvocato degli italiani han pensato di inglobare l’ignara Amalia Bruni dentro un complessivo accordo nazionale Pd/5 stelle, fottendosene alla grande l’uno di ricostituire il Pd in Calabria, mandato ramengo dai Magorno, dai Graziano e quant’altri imbelli commissari quattro stagioni; l’altro confidando che il voto d’opinione nazionale facesse il resto.

La nostra Amalia, supportata da sette liste scende nell’agone elettorale. Avrà, ella non sprovveduta puella, valutato i pro ed i contra di questa candidatura e sicuramente avrà tratto i suoi indiscutibili convincimenti.
Mi richiama l’Amalia, Daniele nella fossa dei leoni salvato per la tenacia della sua fede! E qui, pur apprezzandola per la dedizione alla causa la finisco senz’altro aggiungere per dar spazio ad una considerazione sui candidati lametini sparsi nelle varie liste scese in competizione per il benessere di noi altri.

Fatte le dovute eccezioni, con il dovuto rispetto che meritano coloro i quali credono ancora nei valori fondanti della democrazia rappresentativa, sarebbe auspicabile che l’elettorato calabrese facesse giustizia delle vecchie glorie, dei gregari e dei prestanomi, dei prosseneti, dei  folloni e dei riempilista.
Invero i coloni calabresi ci contavano su questa tornata elettorale, tutti si aspettavano che, almeno una volta soffiasse, dal Pollino allo Stretto, il vento del rinnovamento!
Niente di tutto ciò: sul tavolo verde della SPERANZA ancora una volta siamo stati solo una posta in gioco, merce di scambio sullo scacchiere politico delle segreterie dei partiti.