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Lamezia è una città santa o santissima ?
Bisogna fondare i capisaldi di una città funzionante

minilogoUna città in ginocchio come Lamezia ha l’obbligo morale di rialzarsi con un atteggiamento nuovo delle persone che l’abitano, con capacità critica e di innovare, comunicare, risolvere problemi, lavorare in gruppo. Qualità che rappresentano il pacchetto di competenze del capitale umano del nostro futuro. In altri termini, dopo il crollo delle ideologie che avevano minimizzato il ruolo dell’individuo, si avverte l’urgente necessità di avviare un percorso di riconquista della capacità di chi governa la città, di mettere in movimento il pensiero critico dei singoli e di sommarli in un unica forza civile per un cambiamento positivo.

Per fare questo il futuro sindaco di Lamezia dovrà lavorare sul terreno della costruzione di una rete sociale. La città ha bisogno di una rete di protezione e di costruzione di una comunità partecipe: da qui la necessità di agire in silenzio, ma concretamente, su un obiettivo a lungo termine, le cui azioni devono accompagnare le prassi amministrative ordinarie. Il che significa che, contemporaneamente al fare concreto con opere e comportamenti, Lamezia ha bisogno di costruire un percorso socioculturale che nel futuro prossimo possa costituire l’humus su cui fondare tutti i capisaldi di una città funzionante. Basterebbe partire dai suggerimenti di Pier Paolo Pasolini non disperdendoli in inutili dibattiti,  ma facendoli diventare comportamenti amministrativi attivi. A più di quarant’anni dalla sua fosca e veritiera profezia sulla mutazione genetica degli italiani, svuotati, livellati, omologati dalla tv, dalla pubblicità e dall’immane potenza dei consumi (oggi in crisi), il suo insegnamento è attualissimo.

L’idea di fondo è di riportare la gente nelle piazze e nelle strade (la vera rete su cui si devono sviluppare le relazioni umane) con rumori assordanti (suoni, dibattiti di quartiere, incontri, ecc.) e con un continuum di iniziative che mettano in relazione i cittadini in maniera concreta. Sul presupposto che i social network sono un modello di vita asociale, in cui le persone vengono cancellate dall’informatica e dal suo simbolo più significativo (#). Sarebbe così possibile sfruttare la grande opportunità di Lamezia di utilizzare e dare lavoro ai numerosi contaminatori creativi esistenti in città. Contemporaneamente bisogna intervenire sulle reti tecnologiche: le strade, gli impianti (fogne, acquedotti, elettrodotti, ecc.) migliorandone la qualità e l’efficienza, con grande beneficio dei servizi, dell’ambiente e dei cittadini costretti ora a pagare, per esempio, anche gli acquedotti colabrodo ed inutili dirigenti comunali – tra cui qualcuno occupa il posto addirittura con percorsi indecenti e illegittimi – convogliando i relativi risparmi nei facilitatori di reti sociali.

La funzionalità della rete viaria è stata sistematicamente trascurata per amore dei costruttori di speculazioni edilizie e padroni assoluti della città. L’esempio del Programmi di recupero urbano è emblematico di una politica piegata agli interessi dei costruttori: contemporaneamente alla loro approvazione è stata artatamente fatta riemergere la necessità dell’espulsione dei rom da Scordovillo in modo da consentire agli stessi costruttori di realizzare il plus valore determinato dalla centralità delle aree rese edificabili dai Pru. Per capire il meccanismo perverso, basta scorrere le pagine dei giornali locali. A questo proposito non è di significato politico secondario la trappola in cui è caduta la locale Procura della Repubblica con l’avvio del trasferimento delle famiglie rom da Scordovillo, disseminando pericolosamente, a danno della stragrande maggioranza dei cittadini, un grave problema sociale.

Sarebbe utile interrogarsi sul perché si favoriscano questi programmi speculativi di imprese chiaramente collegate con il consolidato sistema mafioso locale (qualcuno, magistratura compresa, dovrebbe spiegare come mai alcune imprese edili non sono “toccate”, ma soltanto “pizzicate” dalla mafia). Basterebbe questo per misurare il livello di mafiosità di questa città. Le tante bombe che hanno fatto rumore a Lamezia e fatto saltare saracinesche di negozi parlano chiaro. Gli imprenditori dell’edilizia, che hanno incontrato i favori di amministratori e politici di ultima generazione, non hanno subito nemmeno un graffio. La Procura della Repubblica può dire ai cittadini se ha mai trovato le mani di qualcuno nel sacco della città? Lamezia è una città santa grazie alle numerose manifestazioni antimafia? O forse Lamezia è santissima perché i soli mafiosi noti alle indagini di polizia sono soltanto ex conduttori di greggi di cui sono da tempo piene le cronache di vicinato, mentre chi ha realmente le mani sulla città – gli “intoccabili” cui si riferiva Angela Napoli – prospera indisturbato?

di Giovanni Iuffrida