Benvenuto, turista che arrivi. Sei nella città più “piagata” dello stivale dopo aver lasciato alle spalle il fondo valle Noce. Non è che se Atene piange Sparta rida, ma ci sono diversi tipi di pianto: sommesso, a dirotto, a singhiozzo… ma anche quello del “chiagne e fotte”.
Ecco, Lamezia, che nella iconografia dei “regimi” succedutisi dalla proclamazione della Repubblica in avanti doveva essere la Brasilia del Sud, annovera, a ragione, tutti i diversi piagnistei.
Pur concedendo le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, non si può tuttavia venir meno a quell’assunto che vuole ognuno artefice del suo destino. Ed i lametini il proprio destino se lo sono costruiti giorno dopo giorno. E qui mi fermo, non sottacendo che a piè sospinto, spesso, sempre, l’interesse personale (clientelismo) è prevalso su quello della collettività.
Ciò ha comportato che la città, tradita nelle sue aspettative da una classe politica che, in verità, non ha mai avuto e soffocata nella crescita socio-economica, oggi langua in una situazione che, giorno dopo giorno, la vede perder pezzi cammin facendo. Da città baricentro della regione ha visto volatizzarsi una serie di iniziative e opportunità che, effettivamente, potevano costituire il volano del suo sviluppo e dello sviluppo dell’intera regione, se sulle scelte operate non avessero prevalso interessi diversi.
“Fotografando”, oggi, Lamezia per quel che è descritta nei media, ne viene fuori l’immagine di una città mafiosa (due consigli comunali sciolti per mafia); di una città corrotta (operazioni di intelligence per truffe a piè sospinto); di una città dall’economia sommersa, dove solo pochi pagano le tasse; di una città dai conti comunali ballerini; di una città, ultimo fiore all’occhiello, la cui squadra di calcio è stata penalizzata per il dirty soccer. Come andrà a finire lo vedremo.
Lamezia, quindi, sta cadendo a pezzi, o meglio si è già frantumata e gli avvoltoi inanellano ampie volute nel cielo, pronti a soddisfare i loro appetiti.
