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L’ESTATE E’ ALLE PORTE ED IL MARE È SPORCO PER COLPA DEI COMUNI!
"Io sono di San Pietro a Maida e ho visto il mare peggiorare nel corso di trent’anni. Dobbiamo cercare di tutelare la Calabria e l’ambiente" ha detto una volta il procuratore di Vibo, Camillo Falvo. E’ quello che abbiamo visto tutti. Si è creata una nuova “mega task force”, per dare un segnale decisivo al contrasto dei reati ambientali e l’inquinamento del mare calabrese, soprattutto quello del versante tirrenico. In campo forze dell’ordine, esperti e soprattutto due Procure, quella di Lamezia Terme guidata da Salvatore Curcio e quella di Vibo Valentia, con a capo Camillo Falvo.

La Corte di Giustizia europea continua a multare l’Italia per inadempienze sul sistema delle acque reflue. La repressione della magistratura, però, non può essere l’unica soluzione: “I depuratori li possiamo sequestrare – ha spiegato Falvo – ma non risolviamo il problema. Bisogna capire e risolvere le cause profonde dell’inquinamento.  Solo che anche le cause da diversi anni le abbiamo appurate. Basterebbe controllare e co-stringere i Comuni. E poi dar loro assistenza da parte dell’Autorità idrica calabrese. Solo che i controlli non siamo in grado di farne quanti ne occorrerebbero seriamente”.

Tutto è cominciato il 16 dicembre 2021 con il convegno organizzato dall’associazione “Pinetamare Insieme” all’Istituto Nautico di Pizzo, per capire le strategie da mettere in atto per contrastare l’inquinamento marino. Da lì è partito l’annuncio di una nuova “mega task force”, per dare un segnale decisivo al contrasto dei reati ambientali e l’inquinamento del mare calabrese, soprattutto quello del versante tirrenico. In campo forze dell’ordine, esperti e soprattutto due Procure, quella di Lamezia Terme guidata da Salvatore Curcio e quella di Vibo Valentia, con a capo Camillo Falvo. Un percorso tortuoso proprio perché mai battuto prima, su una scala così vasta e attraverso il coinvolgimento di esperti: l’accordo con la stazione Anton Dohrn del professore Silvio Greco e quello con l’Arpacal guidata da Domenico Pappaterra. Poi c’è stata la maxi operazione “Deep”, conclusa il 24 marzo 2022, nelle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, su iniziativa del Comandante della Legione Carabinieri “Calabria”, Generale di Brigata Pietro Salsano.

La repressione della magistratura, però, non può essere l’unica soluzione: “I depuratori li possiamo sequestrare – ha spiegato Falvo – ma non risolviamo il problema. Bisogna capire e risolvere le cause profonde dell’ inquinamento“.  Solo che anche le cause da diversi anni le abbiamo appurate. Basterebbe controllare e co-stringere i Comuni. E poi affiancarli.  Però i controlli non siamo in grado di farne quanti ne occorrerebbero seriamente. Per capirci è come se in una città sappiamo a chi far le multe per divieto di sosta ma non abbiamo chi le può notificare. Prendiamo Platania, più volte oggetto di cronaca inquinante: nel 2017 venne sequestrato l’impianto di depurazione di località Rindina perché non funzionante; a gennaio 2021 venne sequestrata una vasca di contenimento di acque reflue provenienti dalla condotta fognaria che sversa nel torrente Fosso della foresta, affluente del torrente Canne e ricadenti nel bacino del fiume Amato. I primi di aprile del 2022 sono state sequestrate sei vasche di contenimento di acque reflue provenienti dalla condotta fognaria con conseguente possibile inquinamento del suolo e delle acque confluenti nei torrenti Piazza e S. Ippolito e ricadenti nel bacino del fiume Amato che sfocia nel mar Tirreno. Ora, non è che Platania non abbia ricevuto finanziamenti per rimediare, solo che non li ha spesi, ecco tutto. Dal 2017 l’amministrazione di Platania non provvede o non sa come fare. Il mar Tirreno paga per tutti i comuni come Platania, che sta in collina e il mare lo vede col binocolo.

“Io sono di San Pietro a Maida e ho visto il mare peggiorare nel corso di trent’anni. Dobbiamo cercare di tutelare la Calabria e l’ambiente” ha detto una volta il procuratore di Vibo, Camillo Falvo. Nel frattempo che da noi si costituiscono task force per venire a capo del problema, la Corte di Giustizia europea continua a multare l’Italia per inadempienze sul sistema delle acque reflue. 62 milioni di euro nei confronti di 109 comuni italiani, sopra i 15.000 abitanti, non a norma. I comuni calabresi che non hanno provveduto a risolvere i problemi di rete fognaria e/o depurazione, nel dettaglio, sono quelli di Acri, Bagnara, Siderno, Castrovillari, Crotone, Mesoraca, Montebello Jonico, Motta San Giovanni, Reggio Calabria, Rende, Rossano, Sellia Marina e Soverato. A parte questi ultimi, però, ne esistono altri che superano il centinaio ma al di sotto dei 15.000 abitanti, per i quali è previsto dalla Regione un piano d’investimenti per la realizzazione di fognature e/o il  riefficentamento dei depuratori obsoleti o mai entrati in funzione a pieno regime. Ma fatti i piani i Comuni non sono in grado di fare appalti e di provvedere.

Sull’argomento un vero esperto è Francesco Falcone di Legambiente Calabria, il quale ha sempre espresso concetti molto chiari (intervista a Virna Ciriaco): “il problema in Calabria è che conosciamo le cause, abbiamo sia i rimedi che le risorse e le professionalità, ma resta il fatto di come ci sia bisogno di affrontare la tematica con costanza e determinazione perché riteniamo che anche i singoli comuni abbiano le loro responsabilità sugli impianti di depurazione. Noi crediamo che l’Autorità idrica calabrese possa dare un contributo in tal senso se poi si riesca a dotare di tutti gli strumenti necessari che possano attenzionare il ciclo integrato delle acque. Certo, bisogna fare presto per non incorrere in nuove procedure d’infrazione e non causare, di conseguenza, ulteriori danni sia all’ambiente ma anche all’economia calabrese”. Quello che a Falcone preoccupa di più è la cattiva gestione dello smaltimento dei fanghi.

Quanti controlli si fanno? Vanno attenzionati sia gli impianti pubblici che privati (i tanti depuratori privati nelle zone industriali, quelli dei villaggi turistici, tutti gli altri depuratori autorizzati) fino a comprendere quello che avviene sulla costa tirrenica con l’abusivismo edilizio. Si pensi alle cosiddette “seconde case” senza un allaccio alle fogne comunali; molte di queste, purtroppo, sono state condonate anche se prive di allacciamento alle fogne comunali ed hanno, quindi, pozzi neri che sono strettamente collegati agli autospurghi. Ogni anno, appena comincia la stagione estiva, i Prefetti delle varie province calabresi emettono l’ordinanza di divieto di circolazione degli autospurghi durante le ore notturne. Per un autospurgo che di tanto in tanto viene scoperto in estate sversare i fanghi lungo il corso dei fiumi tanti altri la fanno franca per i mancati controlli. Si pensi ancora ai depuratori privati che si trovano nelle aree industriali e nei villaggi turistici. “È chiaro che se s’intensificano i controlli il soggetto gestore dell’impianto si sente attenzionato e cerca di gestire l’impianto in maniera corretta. Se i controlli rallentano o diminuiscono lo stesso gestore è più agevolato a commettere delle illegalità perché è bene ricordare che avere una gestione d’impianto efficiente significa anche sostenere dei costi come lo smaltimento corretto dei fanghi di depurazione, che è la prima voce nei costi. Ci sono diverse indagini da parte delle Procure che hanno segnalato come i fanghi siano stati sversati direttamente in mare e come, in alcuni casi, non vengano smaltiti. Basta guardare anche le comunicazioni che i Comuni inviano alla Regione dove le stesse informazioni sono assenti”.

Dall’appalto scorporare una voce di costo, potrebbe essere un rimedio: “Per ovviare a questo problema, i Comuni, in sede d’appalto per la gestione dell’impianto, dovrebbero trattenere la voce relativa allo smaltimento dei fanghi, che deve essere effettuata direttamente dai vari comuni e non dal soggetto gestore dell’impianto. In questo modo, dall’appalto si scorpora una voce di costo e, di conseguenza, si elimina una parte del problema così come la voce ‘energia elettrica’. Questo perché molte volte è successo, e succede ancora, che i gestori dell’impianto interrompano l’energia elettrica per abbattere i costi energetici dell’impianto. Togliere dall’appalto lo smaltimento dei fanghi così come i costi dell’energia elettrica ai privati potrebbe aiutare in tal senso. Poi, ovviamente, ci sono anche depuratori d’eccellenza così come depuratori che sono stati realizzati ma non sono entrati mai in funzione. Questi ultimi sono tantissimi, sia nel reggino che nel vibonese”.

Il sovrannumero estivo non c’entra nulla. Molte volte viene raccontata la “chiacchiera” che gli impianti, soprattutto lungo la costa, vadano in tilt nel periodo estivo perché c’è un sovrannumero di abitanti. Dice Falcone: “In realtà abbiamo una capacità depurativa, a livello regionale, che va al di là dei flussi turistici. Il problema, ripeto, è sempre da ricercare nella gestione dei singoli impianti. È chiaro poi che esistono, anche, depuratori tecnologicamente superati”.
“Lo Jonio rispetto al Tirreno non ha quei casi che segnaliamo sul Tirreno e questo anche grazie all’orografia del territorio. I problemi sul Tirreno, a parte la diversa orografia, sono dovuti maggiormente all’abusivismo lungo la costa. Non che sullo Jonio non ci siano problemi di depurazione. Ad esempio, nel comune di Corigliano ci sono stati dei depuratori che sono stati sequestrati così come i depuratori dell’entroterra cosentino con comuni come Montalto o Rende. Molto spesso pensiamo che i depuratori siano solo quelli sulla costa ma il problema riguarda anche quelli dell’entroterra. Tutto questo fa il paio con il problema di come vengano anche aggrediti i fiumi come, ad esempio, il Noce al confine con la Basilicata (tra Praia a Mare e Maratea). Questo fa sì che i rifiuti e quanto depositato lungo il corso del fiume si concentri poi tutto a mare ma i corsi d’acqua andrebbero monitorati fin dall’entroterra in quanto il mare è il punto finale, il luogo dove arriva poi tutto ciò che avviene a monte”.

Affiancare i comuni. Pertanto sul problema della gestione delle acque reflue e il conseguente inquinamento marino, che ormai si trascina da anni, “bisogna puntare l’attenzione sulla gestione”, conclude Falcone. “Quando saranno realizzati gli interventi programmati dalla Regione, ad esempio, la stessa dovrebbe poi dare assistenza tecnica a questi comuni per quanto riguarda la redazione dei bandi di gara perché molti comuni non hanno uffici tecnici adeguati per far fronte a tutte le situazioni che attengono, ad esempio, la depurazione, i rifiuti, l’approvvigionamento idrico, la qualità delle acque potabili o l’erosione costiera. Un affiancamento da parte della Regione, o meglio, dell’Autorità idrica calabrese. È necessario, quindi, avviare e attuare l’Autorità idrica calabrese che dovrà a sua volta individuare il soggetto gestore il quale si dovrà occupare della depurazione e del ciclo integrato delle acque. C’è bisogno di affiancare i comuni dopo l’erogazione dei fondi”. Insomma, ecco l’ennesimo problema calabrese di cui conosciamo cause e rimedi, ma che ci trasciniamo da anni pur spendendo soldi. La convegnistica è il mio mestiere.