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ONU ED UNIONE EUROPEA DUE GRANDI ASSENTI
La storia comunque non può essere adattata alle esigenze della politica con grande disinvoltura ed il racconto falso amplificato da un giornalismo completamente prono alla ideologia del regime di appartenenza.

Vorrei riflettere insieme a voi lettori su questo evento, per noi occidentali insensato, che è l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa.
Ho chiarito in precedenti articoli, sulla scorta di autorevoli storici e sociologi come Harari e Bauman o filosofi come Heidegger, Gadamer e Vattimo, che l’umanità ha bisogno di grandi narrazioni per riconoscersi come gruppo sociale, nazione, confederazione di nazioni.
La storia è il risultato di queste narrazioni accolte e interiorizzate.
Noi viviamo già dal secolo scorso in un mondo globalizzato in cui sono avvenute due guerre mondiali. Alla fine della seconda guerra mondiale, secondo l’accordo sancito il 4 febbraio del 1945 nella Conferenza di Yalta in Crimea, Churchill, Roosevelt e Stalin discutono sul futuro assetto dell’Europa e stabiliscono due zone d’influenza: una nella parte occidentale, comprendente anche l’Italia, guidata dagli USA, e una nella parte orientale sotto la sfera d’influenza dell’URSS, la Russia sovietica. La Germania occidentale fu occupata dagli angloamericani e quella orientale, insieme agli stati liberati dall’esercito russo, restò sotto l’influenza sovietica. La capitale Berlino fu divisa anch’essa in due parti poi separate da un muro. La Jugoslavia di Tito e l’Albania rimasero comuniste ma indipendenti da Mosca.
L’equilibrio tra i due blocchi, reso obbligato dalla reciproca minaccia nucleare, ha impedito in seguito il sorgere di una guerra che avrebbe comportato la distruzione dell’assalitore e dell’assalito.
Dopo la fine della guerra mondiale, per scongiurare ulteriori guerre, le nazioni del mondo hanno costituito nel 1945 una organizzazione mondiale con lo scopo di risolvere con trattative le controversie tra i popoli: l’ONU, i cui principi sono sanciti da una Carta sottoscritta dalle Nazioni aderenti, con l’obiettivo di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, proteggere i diritti umani, fornire aiuti umanitari ai Paesi in difficoltà, promuovere lo sviluppo sostenibile e il diritto internazionale, in particolare la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati.
Dell’Assemblea dell’ONU fanno parte tutti gli Stati, ma esiste un altro organo, il Consiglio di sicurezza, di cui fanno parte solo cinque membri, cinque grandi Stati vincitori nella seconda guerra mondiale: gli USA, la Gran Bretagna, la Francia, l’URSS (oggi la Federazione Russa), la Cina comunista. Ognuno di questi stati ha potere di veto sulle deliberazioni dell’Assemblea, il che comporta che vengono bloccate tutte le deliberazioni che in qualche modo ostacolano gli interessi di uno di questi Stati.
Se l’ONU ha deliberato in passato, intervenendo anche militarmente in molte zone del mondo, oggi per ragioni evidenti non può agire all’unanimità sullo scacchiere europeo se non richiamandosi ai principi regolativi della Carta dell’ONU.
Il Segretario Generale che, opportunamente, si è recato presso Putin a Mosca senza risultato, è stato ulteriormente umiliato dall’invio di due missili russi su Kiev dopo l’incontro col Presidente ucraino Zelenskiy.
Nei salotti televisivi nostrani in cui intellettuali e politici accusano l’ONU o l’Unione Europea di far poco per la pace, vorrei ricordare che sono trent’anni che dal crollo dell’URSS il mondo è cambiato e l’ONU si governa ancora con i meccanismi della guerra fredda.
Per quanto riguarda l’UE, nessuno dei pacifisti che oggi si sbracciano tanto, si è impegnato col proprio partito o presso il proprio governo per far sì che una unione monetaria si trasformasse in uno Stato federale come gli Stati Uniti d’America con una politica estera comune, un esercito comune, un sistema energetico comune, diventando capace di parlare con una sola voce e di trovare la forza di essere ascoltato. Non ci possiamo poi lamentare se poi sono il Presidente USA Biden e il premier inglese Johnson a occupare la scena.
Macron, l’unico capo di governo dell’UE di uno Stato con dotazione nucleare ha fatto il possibile, ma i risultati sono stati deludenti. Né le cose sono andate meglio con gli altri.
In un discorso misurato e concreto il Presidente Draghi ha parlato chiaramente all’Assemblea europea sulla necessità di un’ulteriore integrazione delle politiche europee in relazione ad una politica estera e ad una difesa comune, al coordinamento delle politiche di acquisto, stoccaggio e distribuzione delle fonti energetiche tra i vari Stati.
L’Europa è un gigante economico e un nano politico: i singoli Stati dei piccoli Paesi europei non possono competere in un mondo globalizzato con giganti come gli USA, o la Cina e l’India che da soli costituiscono quasi la metà della popolazione mondiale, e con una Russia che, malgrado i suoi limiti, resta una potenza militare nucleare ed è lo stato più esteso del mondo.
Acclamare i doverosi richiami alla pace da parte del Papa per spingerlo poi ad assumere funzioni che vanno al di là del suo grande ruolo religioso, significa metterlo in difficoltà per interessi politici di parte.
Il richiamo alla fratellanza di un Papa che, anche nel nome, si richiama a S. Francesco e al Cantico delle Creature ha una grande valenza religiosa e morale. Ma, nel momento in cui ci si sposta dal messaggio evangelico all’azione politica, il quadro cambia e al Vangelo si sostituisce il Principe di Machiavelli, alla fratellanza il rapporto di forza, all’amore la violenza della guerra, in un contesto in cui l’ideale deve fare i conti col reale.
E allora può capitare che il sacrosanto sdegno di un Pontefice si esprima in un linguaggio poco diplomatico quando, in un colloquio col Patriarca ortodosso di Mosca Kirill, le cui posizioni conosciamo bene, ha detto: “Fratello, noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù.” (Corriere della sera del 6 maggio 2022)
Parole alte di carità cristiana, che però hanno impedito qualsiasi possibilità di incontro con Kirill e Putin e non hanno tenuto conto della storia: il Patriarcato di Mosca si sente l’erede diretto del Patriarcato di Costantinopoli dopo la caduta dell’Impero romano d’Oriente (1453), così come Mosca da secoli si ritiene la Terza Roma. La Chiesa ortodossa, fin dal M.E. è stata subordinata agli imperatori bizantini ed è ancora oggi in contrasto con la Chiesa Cattolica di Roma. Lo stretto rapporto tra Chiesa di Mosca e potere politico esiste dal tempo degli Zar di tutte le Russie, mentre in Occidente lo scontro tra Impero e Papato nel Medioevo ha prodotto sempre più l’indipendenza del potere degli Stati nazionali nei confronti della Chiesa Universale.
Né dalla parte russa i toni sono stati più moderati se Putin simula lanci di missili nucleari dall’exclave di Kaliningrad e il suo ministro degli esteri Sergej Lavrov accusa il Presidente Zelenskiy di essere un ebreo nazista come ebreo era Hitler, responsabile delle stragi naziste: la storia viene adattata alle esigenze della politica russa con grande disinvoltura e il racconto falso amplificato da un giornalismo completamente prono all’ideologia putiniana.
A chi, come me, ha avuto la fortuna di vivere la seconda metà del Novecento e questi primi decenni del Duemila, è certamente capitato più volte di commettere errori e di cambiare il punto di vista sulle ideologie, sulle scelte politiche, sulle politiche sociali.
Ma una cosa ho sempre creduto che si debba tener presente nella valutazione e nelle scelte: l’importanza della cultura per capire il presente e costruire il futuro.
Ed anche che gli strumenti culturali devono essere adeguati ai tempi e non possono prescindere dagli orientamenti filosofici contemporanei, dagli studi sui cambiamenti sociali, dalla rivoluzione linguistica nella psicanalisi della seconda metà del Novecento.
Concludo con il pensiero del filosofo francese Paul Ricoeur (1913-2005) sulla storia e sul riconoscimento di sé e dell’altro in un costante rapporto dialettico:
“Lo studio della storia, che riconosce la temporalità della nostra esistenza, conferma il nostro desiderio di tale stima reciproca. Tale attenzione alla storia, a sua volta, chiarisce ulteriormente la natura finita della libertà umana. Per Ricoeur, c’è un ordine e una struttura alla storia trasmessa attraverso la narrazione della storia. Altrimenti la storia sarebbe incomprensibile. Ma questa storia narrata racconta anche eventi e azioni che sconvolgono l’ordine prevalente e lo riordinano, portando alla domanda se il perdono per i torti che si sono verificati e i debiti che sono stati sostenuti potrebbe essere possibile, per quanto difficile da raggiungere.”(Stanford Encilopedia della filosofia)