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SI SA LA STORIA LA SCRIVONO I VINCITORI…
E’ difficile per i russi accettare i principi liberali di uguaglianza democratica tra i popoli e gli stati, come richiesto da Unione Europea e Nato; e Vladimir Putin, l’uomo del KGB nativo di San Pietroburgo, nel suo immaginario, guarda più all’imperialismo dei Romanov che all’internazionalismo comunista.

In quella parte della Russia nordoccidentale che s’affaccia sul Mar Baltico, alla foce della Neva, sorge San Pietroburgo.
Per capire la Russia di Putin bisogna guardare a San Pietroburgo, la città voluta da Pietro il Grande Romanov agli inizi del Settecento.
Pietro era diventato zar alla morte del malaticcio fratellastro Fëdor, quando l’assemblea dei Boiari e degli alti rappresentanti del clero e dell’esercito, riuniti a Mosca nel Cremlino, lo acclamarono come nuovo Zar nel 1682, all’età di dieci anni, insieme al fratellastro Ivan V che morì nel 1696.
Sfuggito al tentativo di assassinio della sorellastra Sofia, Pietro iniziò allora a fare della Russia uno stato moderno, compiendo un lungo viaggio che toccò i più importanti paesi europei, con l’obiettivo di studiare le strutture organizzative e produttive di uno stato moderno occidentale, e per reclutare maestranze qualificate da portare in Russia per l’altro fondamentale progetto del suo regno: la creazione di una flotta russa per il dominio sui mari, dal Baltico al Mar Nero.

Pietro modernizza la struttura dello Stato, e obbliga con le minacce l’aristocrazia russa ad adottare comportamenti e modi di vita occidentali, cominciando dall’obbligo di tagliarsi le lunghe barbe. Riforma il sistema fiscale e giudiziario, assoggetta al potere dello Zar il Patriarcato della Chiesa ortodossa. Incoraggia l’iniziativa privata e lo sfruttamento dell’industria estrattiva. Adotta il calendario giuliano. Crea un sistema d’istruzione nazionale e fonda l’Accademia delle Scienze.
La sua politica espansiva verso il Mar Nero ed il Mar Baltico ha come conseguenza lo scontro bellico con l’Impero Turco a Sud e la Svezia a Nord. Dopo una lunga guerra contro la Svezia conquista definitivamente Ingria, Estonia e Carelia, ai confini con la Finlandia. E’ la parte della Russia che s’affaccia sul Mar Baltico, culturalmente più vicina agli stati modello ai quali s’ispira: la Prussia e i Paesi Bassi.
Qui Pietro decide, alla foce della Neva, di costruire la nuova capitale occidentale della Russia, l’odierna San Pietroburgo, la città russa che somiglia di più alle grandi capitali dell’Europa. Fondata su un gruppo di isole alla foce della Neva, il suo nucleo originario è una piccola isola, la Fortezza dei Santi Pietro e Paolo, nella cui chiesa riposano le spoglie di tutti gli Zar Romanov. Quasi di fronte, lungo i grandi canali della Neva, s’innalzano i più bei palazzi del potere e dell’aristocrazia russa e il Palazzo d’Inverno, residenza degli Zar, che oggi è uno dei più grandi Musei del mondo, l’Hermitage. A poche decine di kilometri sorgono le meravigliose residenze di Pietro, Peterhof, e il Palazzo di Caterina II con i loro giochi d’acqua e i grandi giardini sull’esempio di Versailles.

Vladimir Putin è nato nei quartieri popolari della periferia di Leningrado, come si chiamava San Pietroburgo al tempo dell’Unione Sovietica. In un suo recente articolo per Limes (4-2022), l’intellettuale russo Fëdor Luk’janov ritiene che “Non c’è nulla di nuovo per la storia russa né nel guardare all’Occidente e a un partner prioritario, né nell’allontanarsene drasticamente.
Da secoli, seguendo traiettorie sempre simili, gli intellettuali russi si chiedono se il paese sia parte dell’Europa (…) Per integrarsi in quelle strutture occorre rispondere a dei criteri stabiliti chiaramente e che rappresentano la scelta europea (…).
Per circa quindici anni Mosca ha tentato attivamente di trovare il proprio spazio all’interno dell’ordine europeo disegnato dagli Usa e dai loro alleati. Per farlo si serviva di modi inconsueti: rifiutava di mettersi in coda dietro gli altri paesi candidati a entrare negli istituti euro-atlantici. Modi che tuttavia non richiedevano modifiche cardinali al disegno occidentale. Non c’è riuscita. (…). La Russia poteva comportarsi diversamente? Poteva accettare un ruolo subordinato, limitarsi a ristabilire l’ordine in una nicchia ai margini dell’insieme occidentalocentrico?” .

Se osserviamo attentamente la cartina dell’espansione russa nell’arco dei secoli successivi a Pietro I Romanov e alla dominazione sovietica, buona parte della federazione russa è in Asia: giunge fino al Caucaso a sud, e ai confini con la Cina e la Corea del Nord fino al Pacifico ad est, lungo l’asse Mosca-Vladivostok. La Russia è un impero la cui sfera d’influenza si espande su molte etnie, religioni, popoli di lingue diverse. E’ difficile per i russi accettare i principi liberali di uguaglianza democratica tra i popoli e gli stati, come richiesto da Unione Europea e NATO; e Vladimir Putin, l’uomo del KGB nativo di San Pietroburgo, guarda più all’imperialismo dei Romanov che all’internazionalismo comunista.

Per i russi l’Ucraina è da secoli parte della Russia, anche se in posizione subordinata; per loro perdere l’accesso al Mar Nero guadagnato dalle guerre contro l’Impero turco dai tempi di Pietro il Grande è inconcepibile. Essi sanno che gli Zar sono stati per secoli i sovrani di tutte le Russie, dal Baltico agli Urali e al Mar Nero. Dimenticano però che secoli prima della Russia di Mosca c’era la Rus’ di Kiev e che il primo eroe nazionale russo è Alexander Nevskij, appellativo guadagnato nelle battaglie sulla Neva dal Principe di Novgorod, contro gli Svedesi nel 1240 e poi contro i Cavalieri Teutonici nel 1241. Ed è suo figlio Daniele che nel 1277 fonda la dinastia dei Principi di Mosca.

Ma, si sa, la storia la scrivono i vincitori.