Vai al contenuto

RISPUNTA L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA. SINOPSI GRATUITA SVILUPPATA DALLA ON. MINISTRA GELMINI
Se ancora oggi studenti e docenti piangono per la sua riforma universitaria, fiumi di lacrime saranno versati dalla gente meridionale per il DdL della nostra ineffabile Ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie. Sicuramente considerate le premesse e l’impostazione esso farà male a chi sta già male. Il testo, paradossale, travalica persino i limiti di una commissione di costituzionalisti incaricata dalla responsabile del dipartimento.

Rovistando nella mia memoria, ricordo di aver già scritto anni fa qualcosa su questa benedetta o maledetta – a seconda della residenza del lettore – autonomia differenziata, sempre con il rispetto dovuto a chi ha idee e pensieri diversi dai miei, ma con la protervia di chi da sempre, sornione, ha tirato avanti per la sua strada senza condizionamenti politici di alcun genere e senza pregiudizi di appartenenza ad un parallelo più vicino al sole che scalda.
Per contestualizzare quanto scrivevo nell’occhiello, trascrissi i versi di Quasimodo giovanetto nel suo Lamento per il Sud, cosa che oggi torno a riproporvi perché sempre attuali; oserei dire inaspriti da tanta “disinvoltura”, per essere benevoli e non volendo fare uso invece di un glossario di termini non molto lusinghieri.
Però quanto sostiene la nostra signora – il minuscolo è d’obbligo per non creare celestiale confusione –  all’articolo 4 del suo DdL, è davvero inquietante e sconvolgente: “se non hai speso per asili nido o per la sanità o per i servizi sociali vuol dire che non ne hai bisogno!”
Tanto per rendere l’idea, riferendomi all’erba di casa mia, significherebbe che la Calabria – che conta due milioni di abitanti, che non ha terapie intensive neonatali, che non ha il resto di niente vestito del nulla, ma che può “vantare”, di contro, una sanità che dopo undici anni di commissariamenti governativi fa acqua da tutte le parti – non necessiti di alcun contributo o sostegno economico da parte dello Stato.
Colpa di chi? Dei suoi colleghi parlamentari – di destra o di sinistra, sovranisti o populisti – scelga Lei quali, perché tutti hanno “pascolato” o stanno “pascolando” su queste verdi praterie!
Colpa di più di mezzo secolo di regionalismo o del totale abbandono di uno Stato che ha consentito le tante disparità tra le regioni?

Ho l’impressione, on. Gelmini, che le sue considerazioni siano del tutto fuori luogo così come le conclusioni alle quali perviene e poiché il suo disegno di legge coinvolge il destino di tutti gli italiani, essendo in gioco sanità, istruzione, ricerca scientifica, infrastrutture, ambiente, insomma tutta l’economia nazionale, non si possa giocare l’autonomia differenziata con cinque articoli frutto della fantasia e della cupidigia delle regioni settentrionali Lombardia, Veneto ed Emilia e Romagna in particolare.
Certo il cerchio non si chiude così, perché poi le intese sui singoli temi saranno avanzate dalle varie regioni al governo ed il parlamento – quanto è generosa la nostra ministra! – che funzionerà come una semplice bicamerale che deve esprimere assenso o dissenso a maggioranza assoluta.
Ma la bontà di Maria Stella non finisce qui: per il trasferimento di competenze riguardo ad istruzione, sanità, assistenza, trasporto pubblico saranno definiti i lea (livelli essenziali di assistenza) ed i lep (livelli essenziali di prestazione), ma senza esagerare in quanto si riferiranno alla tutela minima, non piena. Importante è che resti in piedi la pietra dello scandalo in uso da sempre: la spesa storica, vale a dire se una regione non ha mai investito nella sanità, in asili nido, nei trasporti, nei servizi sociali vuol dire che non ne ha bisogno.

Caro lettore, pensa a questa regione malmessa che non produce nemmeno il pil per la sua sopravvivenza, che vive di stenti e di rimesse statali, che ogni anno spende quasi un centinaio di milioni per turismo sanitariodevolvendolo alle regioni plutocratiche nordiste (reminiscenze storiche); che goduria al pensiero che, piova o nevichi, nulla cambia, malgrado il nostro governatore Occhiuto, ci incoraggi – giorno dopo giorno – affermando non siamo più fessi di quelli del Nord” e, vestendo i panni del salvatore della patria, profetizzi una Calabria che non ti aspetti. Slogan tratti dall’aforismario elettorale che, piaccia o non piaccia, esiste e produce i suoi effetti “benefici”.
Un disegno di legge, dunque, quello dell’autonomia differenziata del quale, attraverso pochi articoli, dei quali si possono già immaginare gli effetti benefici, segna l’inizio della disgregazione dello Stato unitario e diventa non solo una proposta indegna ma, ancor più, eversiva rispetto ai dettami costituzionali.

Tanto fanno intuire le seguenti premesse:
1. Individuazione di una procedura che esautora il Parlamento da ogni potere reale in merito alle intese tra Stato e Regioni interessate. Le Camere possono esprimere le loro valutazioni senza acquisire pareri che non siano quelli dei Presidenti delle Regioni.
2. Autonomia per scuola, sanità, assistenza, trasporti anche in assenza dei livelli essenziali di prestazioni.
3. Risorse finanziarie determinate, inizialmente, attraverso la spesa storica, meccanismo aberrante che ha generato ad oggi le più gravi differenziazioni economiche. Poi saranno trattenuti i tributi maturati a livello regionale.
4. Validità degli atti finora presentati da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna per avviare il processo di autonomia.

Ciò che sta avvenendo, sottaciuto dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione, preoccupa solo il tavolo No Autonomia Differenziata composto da associazioni, partiti politici, sindacati e movimenti in quanto il sunnominato ddl, oltre a coinvolgere il destino di tutti gli italiani, tocca anche l’art. 117 della nostra Costituzione. Non sembra preoccupare, invece, i capetti delle regioni costituenti il Mezzogiorno d’Italia, che ancora non han capito che il Sud deve parlare con una sola voce! Siamo al solito frazionismo deteriore e purtroppo bisogna prendere atto che ad oggi latita l’intelligenza strategica e manca un’idea di sviluppo.
E’ questo un calderone di pece bollente nel cui gorgoglio affioreranno certamente antichi malumori ed odierne tensioni. Non penso e non credo che la Storia d’Italia possa essere cancellata da un disegno di legge della Gelmini e dalla volontà di cinque governatori, che unti dal Dio dei Cieli, in evidente stato di autoesaltazione, tentano di dar vita ad una secessione sotto mentite spoglie. In ogni caso, salvando lo Stato Pontificio, dal Lazio in giù cercasi disperatamente un “condottiero” che abbia tanto sale in zucca.