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Meglio affidarsi a Facebook Puzza di inchiostro la pagina di un periodico

minilogoIl volenteroso editore e schietto direttore di questo foglio è un inveterato ottimista, non è nato ieri e certamente conosce come va il mondo. Eppure anche lui ha commesso un errore, come Cesare Polacco nei panni dell’ispettore Rock, anzi almeno due: ha chiesto ai 12 candidati lametini al consiglio regionale di esprimere la loro opinione su quattro-temi-quattro che, per essere al centro del dibattito politico e all’attenzione dei cittadini, avrebbero dovuto logicamente essere pure argomento di campagna elettorale, aspettandosi una risposta.Il secondo errore è consistito nel credere che un giornale come quello che dirige fosse ritenuto dai candidati un utile strumento per farsi conoscere ed apprezzare, tanto da obbligarli alla risposta.

Solo quattro, però, hanno risposto: Emilio D’Assisi,  Stefano Coratto, Peppino Ruberto e Mario Benincasa, mentre una quinta , Chiara Macrì, ha rinviato al suo sito internet. Gloria per i quattro,  Giubilo per la quinta.

E gli altri? Nulla. Era un po’ contrariato il Direttore quando me lo ha detto e non solo perché una domanda posta rispettosamente avrebbe meritato quanto meno un’altrettanto rispettosa risposta, quanto perché interpretava il fatto come un segno di evidente disinteresse dei candidati verso alcuni problemi che invece avrebbero dovuto costituire un ferreo impegno per chi aspira a divenire o a restare consigliere della regione Calabria.

Aeroporto, sanità, centro protesi, legalità e trasparenza sono alcune delle cose che i lametini, chiamati a scegliere col voto i loro rappresentanti, si aspettano vengano affrontati con piglio risoluto proprio perché determinanti  per la città e il suo comprensorio e se la campagna elettorale non verte su queste cose, su cosa dovrebbe mai svolgersi?

La campagna elettorale? Ma perché la campagna elettorale è ancora quell’evento in cui si parla di politica, di cose da fare per la collettività? E io che, a differenza evidentemente dal direttore, pensavo che fosse l’occasione per vellicare le (giuste) aspirazioni a sistemare un figlio, una casa abusiva, ad ottenere un finanziamento per un palazzo chiamato albergo in riva al mare!

Mettere insieme quattro parole per rispondere ad altrettante domande avrebbe significato perdere qualche minuto o qualche ora (a seconda della personale dimestichezza del candidato con la scrittura e con le idee) sottraendola allo spasimo del colloquio diretto, del mercanteggiamento e della promessa, oppure avrebbe costretto l’aspirante consigliere a dedicare l’opera preziosa di un qualificato galoppino alla risposta invece che alla consegna dei fac-simile o di chissà che altro ai grandi elettori.

A ben vedere proprio una bella pretesa, quella del direttore-editore. Forse anni fa avrebbe ottenuto soddisfazione da tutti e 12 i cavalieri in cerca di cavallo, ma oggi è diverso, non c’è tempo per queste cose da prima repubblica. Progetti, proposte, obbiettivi, idee… tutta roba senza senso di fronte alle motivazioni forti che alimentano la passione politica degli attuali competitori.

E poi (qui l’ottimismo del direttore si veste d’ingenuità), dare risposta su un giornale fatto di carta per di più. Oggi che la cura dell’immagine ha sostituito la campagna elettorale, le risposte agli interessi della collettività non stanno più sulla pagina di un periodico che magari puzza ancora d’inchiostro, ma navigano nel mare di facebook per approdare su un cloud, che altro non è che una nuvola che svanisce con un soffio di vento senza lasciar traccia di sé e nessuno si ricorda più di quel che è stato detto, fatto, promesso.

di Fabrizio Falvo