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Ad membrum segugi È iattura o la Calabria è perseguitata dalla maledizione della prima luna?

SegugioL’espressione “ad membrum segugi”, chiaro esempio dell’antica schiettezza latina, sta ad indicare – in maniera colorita e inequivocabile – qualcosa che non è stata realizzata per come si dovrebbe. Per quanto io ignori le difficoltà che incontrano i cani nell’espletamento delle loro funzioni riproduttive, trovo tuttavia l’espressione estremamente calzante per indicare il modus operandi adottato per la realizzazione della riforma sanitaria calabrese.

Ad membrum segugi è stato classificato il decreto nr. 30, che il commissario Scura, coadiuvato da Urbani, ha emanato per adeguare la rete ospedaliera calabrese agli standard del piano sanitario nazionale.

Ad membrum segugi è stato classificato l’atteggiamento tardivamente assunto dal Governatore Oliverio, che ha di fatto imposto al suo capo dipartimento salute, Riccardo Fatarella, di non apporre la sua firma sul decreto Scura-Urbani. Laddove, proprio per il principio della sovranità popolare, non avrebbe dovuto mai accettare un commissario ad acta per il risanamento della sanità calabrese o avrebbe dovuto accettare tutt’al più un supervisor governativo col quale interfacciarsi per operare le scelte migliori per il servizio sanitario, al dissesto dopo l’oculata ed avveduta gestione Scopelliti, governatore e commissario ad acta per la sanità, nella duplice veste di controllore e controllato.

Ad membrum segugi il comportamento dei parlamentari lametini tutti, assenti di ieri, di oggi e di domani, e qualcuno con l’aggravante di essere anche ispiratore di quanto è accaduto e sta  accadendo.

Ad membrum segugi il comportamento dei cittadini lametini, sulla cui pelle può scivolare di tutto. La città cade a pezzi; ogni giorno è spogliata di qualcosa, ma è subentrata una sorta di sindrome da rassegnazione, per la quale le istituzioni, avendo perduto senso e significato, non meritano fiducia.

Bene, qualche mattino fa l’ing. Scura ed il suo aiutante di campo, dott. Urbani, dopo mesi di sofferto travaglio cogitativo, si sono svegliati ed hannoMassimo Scura annunciato, urbi et orbi, che la rete ospedaliera calabrese era stata “decretata”, certamente dopo aver valutato ogni riflesso economico, sociale, tecnico e  territoriale.
Da quanto sento dal padiglione auricolare di sinistra, non ho l’impressione che Scura ed Urbani possano essere candidati al Nobel per le politiche sociali; mentre dall’auricolare destro sento un gran brusio relativamente ad un’operazione ragionieristica finalizzata, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, a far in modo che due più due facciano quattro.
Non sto qui a far di conti sui posti letto di Cosenza, di Reggio, di Catanzaro, anzi che di Crotone o di Vibo Valentia, o sullo smantellamento progressivo di Lamezia Terme, ma solo a fare una riflessione sulla insostenibilità dell’assistenza sanitaria calabrese e sul diritto a non morire, sancito costituzionalmente.
A fronte di tutto ciò, il satrapo Scura, col suo atteggiamento tronfio, sembra ad ogni piè sospinto ricordare: «io son l’unto del Signore, di colui il quale un giorno i cieli canteranno gloria», tralasciando il fatto che nel suo mandato egli avesse come impegno prioritario il  riassetto della rete ospedaliera calabrese coerentemente con il regolamento sugli standard ospedalieri di cui all’intesa stato-regioni del 5 agosto 2014. Il che avrebbe presupposto un confronto con tutte le parti sociali, politiche e sindacali del territorio calabrese, probabilmente anche avvenuto, ma all’insegna di un atteggiamento dispotico che ha provocato contraddizioni, disfunzioni e diffuso malcontento.

mario OliverioRisultato finale: il governatore Oliverio, messo difronte al fatto compiuto, sbotta e decide di rivolgersi  al ministro della Sanità, on. Lorenzin, imponendo nel contempo al suo direttore generale del dipartimento della sanità, Riccardo Fatarella, di non sottoscrivere il decreto nr. 30 di Scura; cosa da quest’ultimo non gradita. La resa dei conti, pertanto, è in dirittura di arrivo, ma la gravità della sanità (?) calabrese certamente non avrebbe avuto bisogno di questi allunghi.

Fra qualche giorno arriverà in Calabria Luca Lotti, sottosegretario di stato alla presidenza del consiglio e uomo di fiducia di Renzi. Reciterà il solito mantra della Calabria al centro delle attenzioni del Governo, che dovrebbe produrre effetti subliminali tali da mettere pace tra le parti.

Da questa disputa, che vede l’un contro l’altro armati l’istituzione regionale e i commissari governativi, chi ne esce con le ossa rotte è Lamezia ed il suo ospedale, in quanto la riorganizzazione della rete ospedaliera di Scura riduce drasticamente i servizi erogati dal Giovanni Paolo II. Ad occhio e croce dovrebbero, a parte quelli già “trasferiti” altrove, chiudere altri 12 reparti, senza il minimo accenno all’impiego futuro dell’imponente struttura, tra l’altro forse l’unica in regola per norme antisismiche e quant’altre “amenità” studiate per la salute del cittadino.
Si dissolvono così i sogni del Trauma Center. La Calabria si estende in lunghezza e Lamezia Terme sarebbe il punto più facilmente raggiungibile, però non ci sono i numeri ed i volumi di attività sui quali intervenire. Ciò decretarono i lobi cerebrali dell’ing. Scura!
Al di là di tutto ciò, sorprende l’assordante silenzio dei parlamentari calabresi tutti, dei consiglieri regionali lametini, dei partiti (se ne esistono ancora…) e dei sindacati, ormai trasformati in business milionari tra patronati e caf.

E tu, cittadino, hai preso coscienza di ciò che sta accadendo attorno a te?

Ad membrum segugi… semper!