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Marco Minniti, ministro… sciogli tutto Ma tu hai firmato il registro del “cittadino consapevole”?

seconda parte

Chiedo venia se non ho adempiuto ad apporre la mia firma sul registro del “cittadino consapevole”. La qual cosa mi fa sentire colluso con quei “signori” che ogni anno si ritrovano al santuario della Madonna di Polsi, a San Luca d’Aspromonte…per pregare, per dar corpo e consistenza a quel mottetto che recita “fotti il prossimo tuo come te stesso”. Non mancherò al prossimo raduno aspromontano, sgranerò quindici rosari, ma mi concilierò con la Gran Madre. I miei umani problemi, invece, non sono di facile soluzione, perché non so a quale notaio rivolgermi per apporre la mia firma sul registro del cittadino consapevole.
Intanto un pensiero mi tormenta: vuoi vedere che alla mia veneranda età mi affibbiano l’etichetta di “mafioso colluso” con tutte le conseguenze del caso?
Non mi sono raccomandato mai nella mia vita, ma on. Minniti, mia figura di riferimento, possibile che non esista altra  diavoleria o marchingegno per gettare fumo negli occhi dei grulli?
E tu elettore che ne sai del registro del cittadino consapevole? Aspetta, aspetta un po’, te lo faccio  spiegare dal cittadino consapevole Romano De Grazia.

Giudice , Lei le cose non le manda a dire, però a volte alcuni  suoi pensieri volano alti e non vengono recepiti da chi l’ascolta. Vuole essere più chiaro ?
Ben lungi da me il tentativo di nascondermi dietro il dito. Mi riferivo al ministro calabrese  Minniti che addirittura vuole istituzionalizzare il no alla mafia, certificandolo  davanti al notaio.
Chiamasi, questo novello istituto ”registro del “cittadino consapevole”. Cosi è avvenuto che solerti dirigenti scolastici  hanno portato i ragazzi  – altro giorno di vacanza – a firmare il registro e gridare il loro no alla mafia.
Ne consegue che il Centro Studi  Lazzati, da me rappresentato, non avendo firmato detto  registro è, per forza di cose, colluso con la mafia. Il che mi fa presupporre che, una volta che la scheda è entrata nell’urna,  all’atto dello spoglio, addestrati cani fiutandola stabiliranno se quel voto è in odor di santità. E’ questa un’altra diavoleria o marchingegno finalizzati a prendere per grulli gli elettori, a spargere fumo negli  occhi ed è tanto sicuro di sé, il Minniti, che, parrebbe non si voglia sottoporre al giudizio degli elettori reggini.

Ma, diavoleria o marchingegno, qual è il modo migliore per contrastare il condizionamento mafioso?
Semplice, la storia ci insegna che va bonificato il momento del consenso. E per questo motivo abbiamo elaborato la legge Lazzati che blocca i sorvegliati speciali, vale a dire quelle persone, che dopo tre gradi di giudizio sono dichiarati socialmente pericolosi.
Sembrava che in questa ultima legislatura la legge Lazzati, riportata alla stesura del testo originario, avesse l’imprimatur del Parlamento, ma malgrado la condivisione del ministro Calenda e l’impegno del Governo, la nuova proposta giace ancora, nel cassetto della prima commissione Affari Costituzionali, anzi che essere inserita nel codice antimafia.

Su questo argomento l’opinione pubblica è divisa, forse perché ritiene che la sferadi applicazione della Lazzati sia limitata ai soli sorvegliati speciali e non a tutto l’universo mafioso.
E’ esattamente il contrario: la legge considera i soli sorvegliati speciali perché quelli sono una realtà tangibile. Estendendola ad altri malavitosi, avrei corso il rischio di renderla astratta e  generica. Mentre, invece, il sorvegliato speciale, che figura nei registri elettorali con l’annotazione “non vota”, cioè non può concorrere alla formazione della struttura organizzativa dello Stato, ne  diventa il naturale destinatario (legge 575 del 1965).  Nei fatti  avviene, poi, che il sorvegliato, inibito nell’ espressione del voto,  viene poi lasciato libero di raccogliere consensi per i suoi numi tutelari. E questa è una carenza legislativa che addirittura mette in discussione lo stesso Stato di diritto.

Come spiega l’ostracismo  di quasi tutta la classe politica verso questa legge?
Questi politicanti, più che politici, non vogliono rinunciare a questi maledetti serbatoi. Accade a Lamezia così come in altri comuni calabresi ed anche in altri sparsi sull’intero territorio nazionale. Trovano comodo essere appoggiati dalle cosche mafiose ed avere la quasi certezza della propria affermazione elettorale.
Invero, a tal riguardo vale l’argomentazione che se attraverso lo svolgimento della competizione elettorale è agevole l’individuazione del candidato appoggiato dalle cosche, non è altrettanto agevole l’impegno che questi, se eletto ed una volta eletto, intende assumere in favore dei malavitosi che detto supporto gli hanno dato.
Non è difficile,  poi,  intuire quale vento ha soffiato o acquisire, data la snellezza della  legge Lazzati, l’onere della prova e conseguentemente comminare le sanzioni previste. Al contrario della farraginosità degli artt. 416 bis e 416 ter c.p. non agevolmente applicabili per le difficoltà nell’acquisizione della prova.
La legge Lazzati, quindi,  spaventa tutti, in primis perché i candidati non vogliono rinunciare ai significativi apporti delle cosche mafiose; in secundis perché quegli  articoli della Lazzati costituiscono un supporto normativo a garanzia della comunità; infine perché quegli articoli eliminano un paradosso normativo e colmano una lacuna del sistema.
Non per menar vanto, ma mi preme sottolineare un altro pregio di questa benedetta legge: quello di evitare, per l’appunto, gli scioglimenti dei civici consessi. Infatti la normativa proposta prevede esclusivamente la perseguibilità di coloro che risultano essere stati appoggiati dalla mafia con la dichiarazione di ineleggibilità o decadenza dall’incarico.
Pertanto è del tutto inutile che alcuni politici, intervistati da compiacente stampa, si affannino a proporre salvifiche soluzioni cervellotiche.
Comunque già oggi bollono in pentola, dal Pollino allo Stretto, i nuovi comparaggi. Ed i nomi, da una parte e dall’altra, sono quelli di sempre. 

segue …