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Lametini, bando alle ciance Non lasciamoci “scondizionare”

A livello nazionale imperversa una sorta di elettoralismo ciarliero – animato da promesse scritte sull’acqua e sulla sabbia – proveniente dai soliti venditori di tappeti volanti e destinato quindi, solo a rimanere tale.
Fatti quattro conti, per dar corpo e consistenza al festival delle illusioni ed alle promesse demagogiche annunciate dalle parti politiche, non basterebbero duecento miliardi di euro. Ma poiché ognuno dei partecipanti all’agone politico, ritiene di essere in possesso della bacchetta magica del maghetto Harry Potter, facciamo finta di crederci magari facendo, poi, buon viso e cattivo gioco.
Non è il mio un inno alla ipocrisia bensì una risposta, sulla stessa lunghezza d’onde, al “regime” che ci ha imposto, dopo travagliati parti, una legge elettorale apparentemente partecipativa, ma che nella realtà, da qualsiasi angolo la guardi, fa acqua da ogni dove; specialmente se la si considera dall’angolo visuale della trasparenza e della legalità. Ci si trova, infatti, ancora difronte a candidati impresentabili, sfuggiti, chissà perché, alla catartica “rottamazione”.
Infatti poiché – anche se non di facile comprensione – c’ è una legge su chi non si può candidare alle elezioni regionali ed enti locali (condannati in primo grado) ed a Camera e Senato (condannati in via definitiva con pena superiore a due anni, per reati come corruzione, peculato, associazione per delinquere, terrorismo), qualche “esserino” di buona volontà dovrebbe prendersi la briga di spiegare il perché della presenza, nelle liste elettorali di Camera e Senato, di squalificati “guru e santoni” e se in nome di un elastico garantismo valga più il diritto del singolo che quello dell’istituzione rappresentata.
Tutto ciò rientra, però, al di la dell’ eccezioni e degli accomodamenti giuridici, nella sfera dell’etica personale e soprattutto nella voglia dei partiti di smetterla di predicare bene e razzolare male.
Penso a Romani, Scilipoti, Sciascia, Bossi, Formigoni, Cappellacci, Angelucci, Iorio.
E mentre sui media imperversano tribune politiche e talk show, mentre ovunque partiti, sindacati e centri sociali danno luogo a cortei e sit – in per sensibilizzare l’opinione pubblica ad esercitare il diritto elettorale prima ed a chiedere il voto per sé o per il partito rappresentato dopo, a Lamezia Terme l’evento elettorale, se non fosse per quattro manifesti affissi qua e la, è quasi del tutto ignorato.
Sarà probabilmente l’effetto del terzo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa, ma oggi la città sembra avvolta da una fitta coltre di silenzio. E’ come se un pesante velo si fosse calato su cose e persone. E se già prima i lametini perbene avevano preso le distanze dalla politica, ritirandosi sull’ Aventino, quest’ultimo provvedimento ne ha provocato il definitivo allontanamento.
Certo è che a memoria d’uomo non si ricorda una campagna elettorale così non partecipata non solo dai cittadini che non si sentono protagonisti con questo rosatellum del piffero – per dirla con Crozza ed Albanese – ma anche dagli stessi candidati che probabilmente aspettano  il responso delle urne, dal momento che quel che conta è che il proprio nome sia presente sulla scheda elettorale.
O, forse forse, gioca un ruolo importante il fatto che i “cavalli di razza” lametini siano stati dirottati verso porti più sicuri lasciando il presidio cittadino a ronzini si, ma scalpitanti.
O, ancora, l’allontanamento dei cittadini è possibile sia determinato dal fatto che i baciati dalla ruota della fortuna sono già facilmente individuabili perché espressione di congreghe, arti e mestieri, settori della pubblica amministrazione e della sanità, serbatoio eccezionale di consensi per chi è al vertice del potere; nella fattispecie Oliverio e Magorno.
E se poi consideriamo che questo clima “carbonaro – massonico”, questo agire dietro le quinte è proprio congeniale alla mafia che predilige i corridoi dai passi felpati, gli accordi sottobanco coperti dalla massima discrezione, allora balza evidente che era meglio il contatto vivo tra candidati e cittadini.
Comunque questo assordante silenzio ammorba tutti e di molto agevola le rispettabili “famiglie” lametine già in grande movimento e pronte a dividere i consensi tra quattro o cinque candidati. In ciò agevolati dal fatto che si tiene accantonata la legge Lazzati, l’unica atta a prevenire il voto di scambio, al contrario di quelle messe in atto (artt. 416 bis e ter c.p.) di difficile applicazione per l’onere della prova e che comunque interverrebbero a babbo morto.
Si sorveglino, quindi, le “famiglie” rispettabili ed i sorvegliati speciali, a Lamezia come in tutta la regione, senza perder tempo con i novelli fantasiosi istituti dell’on. Minniti, quali il rifiuto con rogito notarile del voto malavitoso ed il registro del cittadino consapevole. Si lascino da parte i demagogici provvedimenti, fumo negli occhi dei grulli, le fiaccolate e gli ascari di don Ciotti, nonché gli asseriti atti di intimidazione che qui, a Lamezia ed in regione, sono molto in voga specie in periodo elettorale.
E’ la nostra una chiamata alle armi non solo per gli inquirenti e le forze dell’ordine, ma anche per la società civile che, è ora, faccia la sua parte non lasciandosi “scondizionare” dalle fake news pubblicate quotidianamente da fogliacci al servizio del Palazzo.
Solo così si può evitare che la mafia entri ancora una volta nelle Istituzioni.
Buona fortuna lametini, la dea bendata guidi la vostra mano; ce n’è proprio bisogno!