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La catastrofica bomba demografica Può essere evitata ripensando i progetti politici

Conclusa la tornata elettorale, credo che ormai si possa parlare più liberamente di immigrazione  senza rischiare di essere irretiti nelle posizioni degli uni o degli altri.
Ogni partito ha proposto soluzioni miracolistiche che vanno dalla chiusura totale delle frontiere all’accettazione indiscriminata di tutti gli immigrati, in nome dell’umanità o dei valori cristiani.

Io credo invece che per affrontare seriamente il problema bisogna evitare gli slogan e considerare oggettivamente le leggi che governano la natura e l’economia.
La Natura ci rivela due strategie fondamentali sottese alla conservazione delle varie specie:

  • quella che prevede che si facciano tanti figli perché così aumentano le probabilità che alcuni arrivino a diventare adulti e a procreare a loro volta. E in tal caso le cure parentali non sono necessarie.
  • Quella invece che punta a procreare pochi figli, e in tal caso necessitano cure parentali nel lungo periodo occorrente per diventare adulti e procreare. E’ il caso dei grandi mammiferi e dell’Uomo.

Nel caso dell’uomo contemporaneo è evidente che le famiglie della società del benessere e del consumo, per una serie di motivi economici e sociali, tendono ad avere pochi figli: si punta a investire su questi pochi buona parte del reddito familiare perché la società è sempre più competitiva e richiede tempi di formazione  lunghi sia per i maschi che per le femmine.
Nelle società avanzate, per questi motivi, il numero dei matrimoni tradizionali è in calo e il momento della formazione delle coppie per formare una famiglia è sempre più spostato in avanti, in fasce d’età che per natura sono già meno fertili per l’uomo e per la donna. La conseguenza è che queste società avanzate tendono progressivamente ad essere formate sempre più da anziani e sempre meno da giovani.
Al contrario, in società meno avanzate, dove ci sono spesso carenza di acqua, crisi  alimentare e tante piccole guerre etniche, la popolazione tende a crescere: così era  fino a pochi anni anni fa per la Cina e oggi è per l’India, ma sono soprattutto le regioni meno sviluppate dell’Africa a fare paura. Proprio per  quella legge naturale di cui si parlava prima ci si sposa tra giovanissimi e si fanno tanti figli.
Questo è il quadro da cui partire per analizzare il fenomeno immigrazione.
Se si accettano queste premesse, e se le politiche che governano l’economia dei Paesi avanzati e controllano il sociale rimangono immutate, non è difficile prevedere la progressiva diminuzione del numero degli occupati e l’aumento del numero dei pensionati. E’ prevedibile anche che, in questo scenario,  il debito pubblico di molti Stati europei continui a crescere fino al punto da non essere più sostenibile.

Se l’Europa invecchia e ha sempre più bisogno di giovani e l’Africa è in piena esplosione demografica, è prevedibile che, malgrado le politiche di controllo dell’emigrazione e le politiche di intervento nelle aree da cui provengono gli immigrati, il numero di immigrati cresca comunque.
Il fenomeno migratorio è sempre stato presente nella storia passata e l’esperienza ci insegna che l’immigrazione non può essere fermata, può solo essere governata. Ma per far questo occorre che gli Organismi Internazionali e i singoli Stati tengano in considerazione queste premesse:

  • la globalizzazione è stata un’opportunità di arricchimento per pochi che governano le multinazionali della finanza, dell’industria, del commercio. E’ stata invece fonte di impoverimento per i ceti medi e gli Stati poveri che non hanno partecipato al banchetto, ma lo hanno pagato e lo stanno pagando in vario modo.
  • Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse e l’inquinamento, che è il risultato di un cieco consumismo, hanno creato le condizioni per disastri ambientali che saranno pagati da tutti in un modo o nell’altro, perché In Natura ogni squilibrio tende a riconfigurarsi sempre in un nuovo equilibrio.

In questo scenario ripensare con intelligenza i progetti politici, per i politici di professione, è molto faticoso e spezza equilibri di potere faticosamente conseguiti, ma è l’unico modo per frenare una catastrofe che, in un mondo globalizzato, non può che essere globale.