Vai al contenuto

LE LEZIONI CHE FORNISCE LA SCUOLA DI CASTROLIBERO
A mia memoria è la prima volta che una scuola secondaria italiana viene occupata dagli studenti accusando la dirigenza di non aver fermato un docente che almeno due studentesse accusano di molestie. Siamo dovuti arrivare nel 2022 per osservare una situazione inedita: gli studenti chiedono giustizia agli adulti e si apre in Italia un caso dove i tempi lunghi delle questioni giuridiche e burocratiche entrano in conflitto con l’urgenza dei giovani di ottenere ascolto e attenzione.

La nostra scuola, ha scritto il prof Petroni, docente di filosofia e storia del Valentini-Majorana, è al centro della attenzione della pubblica opinione nazionale da più di dieci giorni. È entrata nell’Aula solenne della Camera dei Deputati con una interpellanza parlamentare; è intervenuto il governo con due Ministri, quello dell’Istruzione e delle Pari Opportunità, è in atto una ispezione e sono aperte indagini della Magistratura. Gli studenti e le famiglie stanno
“Come educatori e famiglie abbiamo un solo dovere: essere dalla parte dei nostri studenti senza se e senza ma sui temi da loro sollevati. Sono gli studenti, la loro sicurezza, il loro benessere, la loro crescita umana, civile e democratica l’unica ragion d’essere della scuola. Alle altre istituzioni, a cominciare dal Ministero della Istruzione, attraverso le procedure previste dalla legge, il compito di chiudere immediatamente, con i provvedimenti dovuti, annunciati dal Governo in Parlamento, questa dolorosa vicenda una volta per tutte”.
Altri docenti della stessa scuola avevano scritto in precedenza:
Carissime ragazze, carissimi ragazzi, ve lo vogliamo dire, questa volta la lezione ce l’avete data voi. E bella grande. Siamo i vostri docenti, vi vediamo tutti i giorni per molte ore, vi giudichiamo con un voto, ma non vi conosciamo. E’ forse colpa di un mestiere sempre più difficile, in una istituzione troppo spesso chiusa e burocratica come è sempre stata la scuola; sarà colpa della retorica della ricerca dell’efficienza e dell’eccellenza a tutti i costi che si è ormai diffusa in essa”.

Non è facile districare il groviglio che l’occupazione (ancora in atto mentre scrivo) ha innescato, mentre sono in atto indagini sia ministeriali che dell’autorità giudiziaria. Intendo parlarne soltanto perché mi sono occupato della identica problematica in un mio libro auto pubblicato su Amazon (La scuola nel cuore nell’anima, 2020). Il capitolo “Arlecchini” da pag. 38 in poi narra vicende a me accadute per davvero quando dirigevo una scuola e pertanto con la storia del prof. Soggetto, nome di fantasia da me usato, ho inteso occuparmi di una questione che ritengo molto importante nelle vicende quotidiane di una comunità scolastica. Ho descritto per filo e per segno la situazione di un dirigente scolastico al quale arrivano all’orecchio “dicerie” sul comportamento di un docente. Per farla breve, davanti a lui si aprono due strade. La prima è quella asfaltata a 4 corsie, ben illuminata, del garantista.

Il “festina lente” dell’imperatore Augusto ci sorregge, per cui il preside sta a guardare e attende che se reato è stato commesso venga denunciato alle Autorità, le quali faranno tutte le indagini che egli non intende svolgere in quanto lui si ritiene un educatore e non un poliziotto. Ecco il punto cruciale della questione, l’educatore chiede lumi in giro, magari parla anche con il docente accusato di molestie, il quale, non ci crederà nessuno ma negherà tutto e si riterrà ingiustamente accusato a causa della sua severità. I colleghi, in genere disattenti e per nulla propensi ad occuparsi dei fatti degli altri, a loro volta raccomanderanno al dirigente di adoprare tutte le cautele del caso perché è in ballo la reputazione e il buon nome della scuola. Insomma, aspettando Godot, con le cautele la prudenza e la burocrazia la famosa “scuola-azienda” (perché questo è l’ossimoro di cui ci stiamo occupando) impartisce agli studenti una lezione definitiva di democrazia che non dimenticheranno più. L’ossimoro consiste in questa contraddizione, la scuola-azienda dovrebbe volere l’efficienza, mentre il dirigente-burocrate quando si tratta di molestie e di tutelare i diritti degli studenti trova conforto nei codicilli, nei commi degli avvocaticchi per seguire non “virtute e conoscenza” ma la stella polare del “buon nome dell’istituto”.

Nel mio libro narravo le storie a me realmente accadute per concludere che la democrazia i ragazzi l’apprendono a scuola. Se non l’apprendono tra i banchi non l’apprenderanno mai più. Ora, pensateci un attimo, adesso i professori del Valentini sembrano essersi svegliati da un incantesimo (“cari studenti, questa volta la lezione ce l’avete data voi”), mentre la preside, già sentita da ispettori e polizia giudiziaria, ancora non sembra aver inteso cosa le stia succedendo se trova il tempo e la voglia di convocare un collegio docenti con all’odg “possibili strategie per il recupero del rapporto insegnamento-apprendimento”.
Di tutta questa storia, che ha avuto innumerevoli repliche negli anni scorsi nelle scuole dell’intera penisola, a me colpisce il suo significato simbolico. Essa spiega molto più di ponderosi saggi gli snodi della scuola italiana circa la sua Direzione e il rapporto docenti-discenti.

Vedete, c’è un film molto bello del 2012, “Il sospetto”, del regista danese Thomas Virterberg.
Mads Mikkelsen è un quarantenne accusato di pedofilia dalla sua comunità in una piccola cittadina danese, dove circostanze minime scateneranno l’isteria collettiva. L’uomo, innocente, dovrà lottare per riottenere dignità e fiducia. Lo rammento perché occorre sempre saper discernere tra gli allievi, la secondaria non c’entra nulla con le materne e la primaria. Le indagini sui presunti abusi alla materna di Rignano Flaminio con gli imputati poi tutti assolti ce lo hanno confermato.

Se ci occupiamo di accuse di molestie (con tanto di immancabili wathsapp) in una scuola superiore (sull’università qualche porcone che appare sembra sempre un’eccezione) la cosa peggiore che possiamo fare in Italia, a mio parere, è una sola: continuare a non capire che la scuola è una comunità che vive nello stesso luogo per tanto tempo assieme. Solo che gli adulti e i ragazzi non possono ricevere dal dirigente lo stesso trattamento perché al contrario vanno tutelati i soggetti più deboli. Certe condotte, è chiaro, non si possono prevenire, ma se sono avvenute il dirigente deve essere in grado di saperlo, altrimenti è un semplice passante. I ragazzi ti guardano e impareranno a loro volta, a farsi i fatti propri.

La passività che si è riscontrata a Castrolibero è il solito garantismo del preside che invece di stare dalla parte dei più deboli (i ragazzi), gioca il suo ruolo come sindacalista dei docenti nei confronti della controparte che sono i giovani (inaffidabili per l’età). Ma a Castrolibero è stata anche confermata la mia tesi che tanti docenti sapevano solo che, in buona fede magari, rilasciano al solo dirigente la delega di intervenire come se la cosa non riguardasse anche la loro professionalità. Insomma, farsi i fatti propri in presenza di ragazzi e ragazze in formazione, non è né espressione di fantomatiche “scuole-aziende” né garantismo costituzionale. E’ soltanto l’interpretazione che stiamo dando al nostro vivere in comunità, in una scuola come in un condominio come in un quartiere. L’ultima parola in Italia ormai ce l’hanno sempre e soltanto i giudici e noi come tanti umarell guardiamo distratti in giro senza riuscire a vedere mai cosa ci succede vicino. I fatti non esistono più e crediamo che siano stati sostituti dalle opinioni. Oportet ut scandala eveniant, nessuno spiega mai il valore di tale detto evangelico ai presidi.