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MA DOVE VAI SE … LA CONTABILITA’ NON CE L’HAI?
L’idiosincrasia della Calabria per la contabilità è ormai cosa nota al colto ed all’inclita.La vicenda dell’impasse amministrativa in cui è precipitato l’insediamento di uno dei due sub commissari individuati dal Governo, Maurizio Bortoletti, nominato il 18 novembre scorso, chiama in causa, a mio parere, più che il presidente Occhiuto, il ministro della Salute e quello della Difesa. Dietro la intricata vicenda giuridica resta il nodo di una regione, la Calabria, per la quale le Istituzioni sono incapaci di risolvere problemi in tempi ragionevoli. Insomma esse intervengono sempre come dicono i toscani “a babbo morto”.

Lo dimostra tutta la vicenda protrattasi una dozzina d’anni dei commissari inviatici dal Ministro per l’emergenza della sanità calabrese e adesso, come se il passato non avesse insegnato nulla, l’ostinazione nel continuare a incaricare carabinieri (o prefetti o generali in pensione). Da quel che si capisce a stento il nodo giuridico sta nel fatto che Bortoletti se arriva con la divisa e fa il sub-commissario sarebbe sottoposto ad una duplice dipendenza: da un lato quella del menzionato commissario e, dall’altro, quella dell’autorità giudiziaria.

Ora, spiegatemi per quale ragione si debba arrivare (per risolvere il caso Bortoletti) a modificare il decreto Calabria e le regole di reclutamento dei sub commissari, nominati dal Governo in supporto del commissario ad acta. Non sarebbe più semplice inviare un manager d’impresa con una squadra di consulenti per quantificare il debito calabrese e impostare ex novo una contabilità industriale?

Basta leggere le notizie ogni giorno per capire lo stato delle amministrazioni calabresi. I calabresi hanno poco dimestichezza con bilanci, conti, numeri, fatture, preferiscono che tutto resti oscuro e non tracciabile.

  1. (11/3/22 La C News24 ) Pensioni ai morti e fatture pagate 2 volte, in Calabria la Corte dei conti presenta il… conto: 49 mln di euro. Buco nero della sanità per doppi pagamenti alle Asp, illecita gestione dei centri migranti, opere realizzate senza permesso e contributi usati per ammodernare hotel di lusso. L’elenco dei danni erariali. Circa il deficit della Sanità, nel giudizio di parificazione del 2019 la Corte dei Conti ha bloccato il 79% del bilancio regionale. Ma tutto il resto (trasporti, gestione idrica e rifiuti) rischia di finire gambe all’aria o, alla meno peggio, di zoppicare parecchio.
  2. Debiti incalcolabili e dati inattendibili, all’Asp di Reggio è sempre «estrema patologia» contabile. Ancora censure della Corte dei Conti, che rileva le gravi criticità della gestione dell’azienda pur dando atto dell’avvio di un’azione di bonifica (28/08/2021)
  3. Il buco milionario nelle casse dell’Asp di Cosenza non è nemmeno quantificabile. L’ultimo bilancio approvato, sotto inchiesta della Procura che ipotizza numerosi falsi nella stesura del documento contabile, risale ormai a cinque anni (e otto commissari fa). L’affidamento del servizio alle stesse ditte continua, di proroga in proroga, da quindici anni. I commissari di gara nominati per valutare nuove offerte si dimettono uno dopo l’altro. E l’Azienda sanitaria provinciale bruzia si ritrova a pagare molto di più a paziente ogni giorno rispetto a Reggio e Catanzaro.
  4. Tirreno cosentino, fiumi di denaro e un mare di opere incompiute.
    Massi per arginare la potenza delle onde, aviosuperfici e ospedali, strade mai finite. La saga delle strutture abbandonate, mal realizzate o mai utilizzate da Scalea a Campora San Giovanni.
  5. Regione Calabria, bomba contabile: 24 milioni di euro per le indennità extra dei burocrati.
    In barba a numerose sentenze, l’ente continua da anni ad erogare in base a criteri non previsti dai contratti collettivi denaro in più ai dipendenti pubblici che lavorano nelle strutture dei politici. Un modus operandi alla cui introduzione contribuì Roberto Occhiuto, che ora invece promette una rivoluzione burocratica che tarda ad arrivare.
  6. Un miliardo e 100 milioni di euro. È quanto la Calabria non avrebbe speso (o, comunque, non ha comunicato di averlo fatto) negli ultimi 22 anni. La cifra monstre è stata comunicata dal ministro per il Sud, Mara Carfagna, al presidente Roberto Occhiuto. «In seguito ad accurate analisi fatte dal Ministero per il Sud e la Coesione territoriale – si legge in una nota diffusa dal presidente della Regione – sono emersi fatti che devono far riflettere: la Calabria negli ultimi 20 anni, dal 2000 ad oggi, non ha speso – o non ha comunicato la spesa al governo – cospicue risorse dei Fondi assegnati dallo Stato. È una storia che si ripete e che, purtroppo, abbiamo imparato a conoscere negli scorsi decenni: le Regioni del Sud al palo, con una burocrazia non all’altezza e troppo spesso incapace di utilizzare i fondi europei e nazionali. Ma in questo caso è in ballo una cifra davvero impressionante: si sfiorano 1 miliardo e 100 milioni di euro». Immediato il riferimento alle presunte (e per ora ignote) responsabilità, ma Occhiuto ci va cauto con l’attuale apparato burocratico.
  7. Il crack finanziario per la Provincia di Catanzaro è ormai dietro l’angolo. Il presidente, Sergio Abramo, non si sta però risparmiando per evitare il dissesto dell’ente intermedio che vanta un disavanzo di 260 milioni di euro, di cui 210 solo ascrivibili a mutui contratti nel corso degli anni e l’acquisto di 50 milioni di derivati bancari sottoscritto con un raggruppamento di banche e che da soli generano 24 milioni di interessi. Inoltre, nel gennaio scorso, aveva deciso di annullare in autotutela una determinazione del maggio 2007 che aveva dato vita ad una complessa operazione di Swap da oltre 216 milioni di euro ripartita in quattro quote con alcune banche internazionali.

Basta così, il quadro è chiaro, non si salva nessuno, dalla Regione a scendere per li rami, sino alle Province (risuscitate dopo che il ministro Guerini tentò di cancellarle) e alle Asp. Il problema, come si vede, è prima amministrativo, poi politico. La burocrazia non è in grado neppure di tenere uno straccio di contabilità, anzi per la verità in Calabria la contabilità, a partire dai bilanci scritti con l’inchiostro simpatico, si (auto)distrugge rendendola inutilizzabile. La Calabria ha un debito sanitario pari a 562 euro pro capite. E spende ogni anno circa 320 milioni di euro per rimborsare i costi del turismo sanitario dei calabresi che, non trovando risposta di servizio sul loro territorio, si recano in altre regioni. Il passivo totale della Sanità si presume ammonti a 2 miliardi e 600 milioni.  Dal 2009 i calabresi subiscono le aliquote regionali più alte d’Italia per coprire quel che si può di questa voragine senza ottenere un’assistenza sanitaria decente. Ma oltre il debito sanitario c’è di più. I comuni calabresi che sono attualmente in dissesto o riequilibrio sono quasi 7 su 10 (279 su un totale di 411). In pre-dissesto sono 86.

Infine dopo la sanità e i comuni abbiamo poi i passivi delle società partecipate che ammontano a un miliardo circa. Tuttora, la Regione è presente in sei società: Ferrovie della Calabria, Fincalabra e Terme Sibaritide (delle quali è socio unico), Banca Popolare Etica, Sorical e Sacal.
Questo miliardo di passivi mette a rischio tutte le leve attraverso le quali la Regione influisce nelle attività degli enti locali e, quindi, pesa in maniera diretta sulla vita dei cittadini.
Una Regione che, al massimo, è in grado di riscuotere poco più del 60% delle tasse che impone. La catena perversa è facile da ricostruire: i cittadini pagano poco e in pochi ai Comuni, i quali pagano quel che possono o non pagano affatto (nel caso della Sorical, c’è chi spera, come Cosenza e Vibo, che nasca la società unica di gestione delle acque, che esoneri i Comuni anche dalla gestione diretta delle reti idriche).
Risultato: la Regione deve intervenire a ripianare i passivi delle partecipate che non riescono a recuperare i crediti. Ciò vale anche per Sacal, piegata dal Covid, che ha messo in ginocchio le compagnie aeree che fanno scalo soprattutto a Lamezia, e per Ferrovie della Calabria, letteralmente ostaggio del trasporto su gomma e oberata da clientele.

Ora, a fronte di tutto questo, non se ne esce se (lo ripeto per l’ennesima volta) non si affida ad un management di impresa il compito di quantificare i debiti e ripristinare la contabilità ordinaria in Regione, nelle partecipate, nelle Asp, nelle provincie. Quello che fece il supermanager Enrico Bondi dopo il crack Parmalat.