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CONTROCANTO: LA CALABRIA GRANDE ED AMARA ED I SUOI SETTE PECCATI CAPITALI
Sicuramente la classe politica del Paese ha le sue responsabilità ma non è da meno la cecità e l’incapacità di quella regionale. Campanilismo, clientelismo, ribellismo plebeo e piagnone, familismo amorale, insieme a parentopoli e nepotismo sono comunque i peccati che si nascondono nelle pieghe della quotidianità

Si, non riesco a nasconderlo, oggi sono agitato non perché i valori pressori all’improvviso abbiano fatto il salto con l’asta posizionata all’ultimo centimetro, bensì perché sentendomi friggere le piante podaliche – non che non lo immaginassi – è stato sacramentato dall’Istat, ancora una volta che chi vive alle latitudini calabre, pur se in buona salute, pur se bagnandosi nel mare limpido e cristallino della costa degli dei, pur esposto al sole ed all’aria pulita e filtrata dai fastidiosi raggi Uv che ci pervengono dal buco nell’ozono, rispetto a chi vive nel Trentino o nell’Alto Adige, pur se in buona salute, debba vivere 20 anni in meno e superato il mezzo secolo debba cominciare ad incrociare le dita perché la differenza la fa anche la prevenzione ospedaliera e la qualità dei servizi in campo sanitario.
L’altro tarlo che rode la mia serenità è che in questa Calabria “perennemente in doglia di parto” non si fa altro che menare il can per l’aia, rimembrando i “torti subiti” a cominciare fin dal paleolitico e, passando per la costituzione della nostra repubblica, finire ai nostri giorni imprecando contro l’avversa fortuna che perseguita uomini e cose di questo lembo di terra, ricordandone le vestigia degli antichi padri ed omettendo gli apparati rituali che ne regolavano la quotidianità.
Il tutto per l’inconsapevolezza del fatto che ad oggi tutte le distorsioni sono state determinate oltre che  da una errata politica economica nazionale anche dalla cecità, o incapacità, di quella regionale, se è vero come è vero che il nostro sistema economico produttivo, il pil per capirci,  è alimentato  per un buon 75% dallo  statalismo.
Basta, però, con i cahiers de dolèances e con tutto l’inchiostro versato, girando e voltando la Questione Meridionale, nella convinzione che a questo territorio sia stato negato un futuro possibile; che l’economia non sia stata aiutata nella stessa misura in cui è stato fatto altrove; che l’arretratezza sia la causa primaria di una carente qualità della vita misera e di un forte deficit sociale.
Sicuramente la classe politica del Paese ha le sue responsabilità, peraltro denunciate da istituti nazionali ed internazionali, però, però…è del tutto vero che sempre, e particolarmente negli ultimi dodici anni, la  Calabria ha fatto registrare un forte rallentamento della crescita del tutto in controtendenza con le regioni dell’Unione Europea addirittura non utilizzando nemmeno i fondi all’uopo erogati.

Sembra proprio che questa regione sia gravata dai sette peccati capitali, non quelli indicati dal monaco asceta Evagrio Pontico nella seconda metà del ‘300 dC, che portano alla corruzione ed allo svuotamento dello spirito dell’uomo, bensì una massa di maledizioni, sortilegi e convincimenti di cui i conterranei non riescono a liberarsi né tanto meno ad aver la lucidità, la volontà e la forza necessaria per cambiare rotta. Ritengo ciò sia imputabile agli usi e costumi degli abitanti delle Calabrie, diverse in ragione delle storiche discendenze, accomunate però dall’identico stato di precarietà.
Di questi tento di farne un elenco: campanilismo, clientelismo, incapacità di fare squadra, mancanza di senso dello Stato, familismo amorale (leggi ‘ndrangheta), ribellismo plebeo e piagnone, scarsa o assente o interessata gestione della classe politica locale… comunque peccati reiterati che si nascondono nelle pieghe dell’esistenza quotidiana.
Non si può negare, comunque, che la Questione Meridionale sia l’origine di tutti i mali né tanto meno che la classe dirigente del Paese non abbia mai avuto la volontà di trovare le soluzioni più idonee   per combattere il sottosviluppo di questo territorio se ancora l’altro ieri, a proposito del becero federalismo fiscale, il neo governatore Occhiuto, folgorato come San Paolo sulla via di Damasco, dimenticando il  suo silenzio quando vestiva la casacca di presidente di Fi, ha sbottato dicendo “non siamo più fessi del Nord”. Una chiara ammissione che evidenzia un concetto: gli interessi del partito o movimento al quale appartengo vengono prima degli interessi del territorio.
Ciò a dimostrazione, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, che tutto il Mezzogiorno, Calabria compresa, sia solo un bacino di clientelismo politico.
Non sto, amici lettori, a tediarvi più di tanto nel passare in rassegna i sette peccati capitali che ci affliggono; lascio a voi le riflessioni del caso, però non posso esimermi dal fare alcune considerazioni a proposito della gestione politica del nostro territorio, perché mutatis mutandis, ieri come oggi, tutto è cambiato perché tutto resti immutato al di là dei proclami di convenienza del nostro neo governatore, senza offesa, il gattopardesco Roberto Occhiuto.
Ci affligge da sempre quello che ho definito familismo amorale che si articola in due sottospecie: nepotismo  o parentopoli che dir si voglia e comparaggi mafiosi (voto di scambio).
Non so per quale favorevole combinazione astrale figli, nipoti, discendenti, affini e collaterali appartenenti alla cerchia dei politici,  siano sempre più bravi di ogni altro e trovino immediatamente lavoro senza nemmeno partecipare ad uno straccio di selezione, così come amici, amici degli amici e compari vengono nominati commissari nei vari enti, fondazioni e partecipate regionali, sotto la copertura dell’americano spoils system che, consente a chi ricopre una posizione di primo piano di scegliersi i collaboratori più competenti del mercato, al contrario di quello italiano che ubbidisce invece, con conseguente precarizzazione della dirigenza (dicesi antimeritocrazia), all’assoggettamento degli stessi alla politica ed alla costituzione di una rete in grado di garantire futuri successi elettorali.
Sulla scorta di questo spoils system tutto italiano, negli anni trascorsi, sono stati nominati i commissari impiegati nelle vicende calabresi, sia da parte degli organi centrali che da quelli periferici, con i risultati oltre modo lusinghieri a conoscenza di tutti.
Chi volesse, comunque, rendersi edotto in materia può cliccare sul link “i calabresi.it/fatti/parentopoli -calabria” oppure “Così fan tutti: una Calabria malata di parentopoli” dove il collega Saverio Paletta, giorni fa, ha tirato le somme su nepotismi e comparaggi di ieri e di oggi.
Non ci si stupisca, quindi, se alla fin fine la Calabria, un fazzoletto rispetto alle regioni che contano, ha proporzionalmente i costi della politica più alti d’Italia; se in virtù di una legge elettorale costruita su misura dal nostro parlamentino noi calabresi paghiamo un esercito di portaborse e di illuminati consulenti e spiriti guida; se l’on. Spirlì, onorata memoria ed elemento di spicco negli organigramma di Salvini, sul finire della scorsa legislatura ha allargato i cordoni della borsa assumendo, part time autisti, pizzaioli e parrucchieri!

Altro punctum dolens del familismo amorale, è il voto di scambio al quale, piaccia o non piaccia, tanti fanno ricorso sia nelle competizioni amministrative che in quelle regionali e politiche.
Si concretizza nel raccogliere i consensi, spesso con il condizionamento pesante e decisivo delle cosche mafiose operanti sui territori, in cambio di promesse, aiuti e favori.
E’ uno dei comportamenti che più danneggia la democrazia, la concorrenza politica e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. La materia è regolata dal 416 ter del codice penale più volte “ritoccato” tanto da renderlo di difficile applicazione e del tutto inutile per la difficoltà di provare il reato. Ad oggi i processi intentati, pochi nella realtà, si sono risolti in nulla di fatto. Però il condizionamento mafioso è vivo e vitale dalle Alpi alle Piramidi!    
Troppo presto per dirlo, ma a stare oggi alle “occhiutane” premesse non ritengo possa aver luogo un  nuovo corso per la  Calabria attraverso il quale etica, legalità, regole e  valori comuni possano diventare strumenti per l’avvio di un processo  di discontinuità rispetto alla situazione attuale caratterizzata da clientelismo, stagnazione ed immobilismo.
Apprendiamo in questo momento che il nostro governatore ha nominato Bruno Gualtieri, dirigente del comune di Catanzaro ed in passato capo del dipartimento Ambiente della Regione (Scopelliti regnante) commissario dell’Autorità Unica Calabrese in materia di acqua e rifiuti.
E’ questa una figura transitoria: il presidente infatti sarà eletto all’interno del consiglio direttivo composto da 40 componenti rappresentanti gli enti locali, mentre il nuovo direttore generale sarà nominato direttamente dal governatore.