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Me ne andavo un mattino a … trivellare Storia di un referendum non gradito ai governanti

PetrolioNove regioni, per lo più di centrosinistra, hanno detto no alla politica energetica del governo a guida Pd (o di quello che del Pd rimane). Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto, regioni marinare che di turismo e di mare  vivono, preoccupate dei nefasti effetti delle trivellazioni sull’ambiente, non hanno condiviso la volontà governativa di rinnovare le concessioni sine die alle compagnie petrolifere.
All’alzata di scudi delle regioni ha poi fatto seguito la vicenda Tempa Rossa, che sembrerebbe nascondere sotto cenere, emendamento si emendamento no, i soliti  fiorenti comitati di affari che nascono tra compagnie petrolifere, faccendieri e facilitatori di palazzo. Quest’ultima qualifica è l’evoluzione elegante di quello storico modo di dire e di fare “A Fra’, che te serve? Mò ce penso io” che tanto ha imperversato nella nostra storia repubblichina.
Ai magistrati il compito di appurare eventuali responsabilità ed ai politici onesti quello di far luce su “combriccole, clan e quartierini”.  Così l’ex ministro Federica Guidi ha definito i gruppi che orbitavano attorno al suo compagno Gianluca Gemelli.

Ma al di là dello squallore morale della vicenda, ultima di una serial story di tangenti e pizzi che hanno fatto collocare il nostro Paese, nella classifica mondiale della corruzione, al secondo posto dopo la Bulgaria, resta il problema di sempre: la verità non è mai una sola e finanche la matematica, tradizionalmente scienza esatta, nella maggioranza dei casi corrisponde più ad un moto di orgoglio che alla fotografia della realtà. Come sta accadendo per le trivelle che, in Italia, tra mare e terra ferma, ammontano a 130 impianti, di cui cinque  in Calabria.

Secondo i petrolieri, prevalentemente stranieri, emissioni e scorie prodotte sono nella norma. Non ci è dato, però, sapere chi ha stabilito “la soglia di benessere” oltre la quale flora e fauna terrena e marina subiscono irreparabili danni.
Secondo gli ambientalisti, invece, le piattaforme marine avrebbero già depositato sui fondali del Mediterraneo trentotto milligrammi/mq. di catrame, record mondiale in un mare chiuso.
Ciò ha indotto le succitate regioni a chiedere il referendum, contrariamente alla volontà governativa che proporrebbe di prolungare le trivellazioni fino all’esaurimento del giacimento, senza tener conto della data di scadenza della concessione.
E questo è il peregrino emendamento che “tanti lutti addusse agli Achei”!

Tra trivellatori, pescatori ed ambientalisti così come nel mondo politico, attorno al quale ronzano affaristi, lobbisti e manutengoli,  si è scatenata la guerra e, tra  valzer e mazurke di numeri preconfezionati a seconda degli interessi dei petrolieri,  il 17 aprile prossimo l’Italia andrà a votare con il solito ingannevole quesito per il quale l’elettore deve dire  SI per esprimere il suo diniego.  

A parte ciò, il governo non sembra abbia gradito questo referendum, tanto da non averlo voluto accorpare alle elezioni amministrative (si voterà in 130 città). Malgrado le difficoltà economiche in cui versa il Paese, il nostro premier preferisce, invece, spendere 350 milioni di euro a giugno p.v. ed altrettanti il 17 aprile. Inutili sprechi che nascondono, al di là della tracotanza e della sicumera, forte preoccupazione e timori per un governo logorato e stretto all’angolo.
Tant’è che il Presidente del Consiglio e la sua maggioranza a geometria variabile sfrontatamente invitano i propri elettori ad astenersi dal voto, in perfetta antitesi all’art. 1 della Costituzione che recita “la sovranità appartiene al popolo”.

Ma non meravigliamoci, in quanto tutto è in linea con il think tank renziano ispirato da Giuliano da Empoli, architetto ed ideologo, nonché intellettuale di riferimento nel comando strategico istituito per analizzare l’andamento bellico e, in ragione di questo, preparare strategie di attacco o di contenimento.
In piena contraddizione con se stesso, Renzi si reca in Nevada ad inaugurare la centrale costruita dall’Enel, primo ibrido green diMarea nera 1 geotermia-termosolare al mondo e propone, invece, all’Italia di perpetuare la devastazione delle sue coste e dei suoi mari.
Si preoccupa dei 30.000 lavoratori, poi diventati 10.000, che perderebbero il posto di lavoro se le trivelle smettessero di pompare e non si preoccupa di quanti potrebbero perdere il lavoro se venissero meno pesca e turismo marino e paesaggistico.
In questo valzer viennese la Calabria, lungo le sue coste da Crotone a Cirò, conta cinque piattaforme di estrazione. Chiunque può rendersi conto dei benefici ottenuti dai due centri ionici in termini di sviluppo, occupazione e… deturpazione di coste e territorio, di flora e di fauna.

L’enfant prodige, poi, in preda ad erinnico furore, lancia anatemi a destra ed a manca, affermando “ci hanno screditato, hanno sputtanato la politica”, quando in verità quest’ultima per autoreferenziarsi ha sempre fatto tutto da sola.

Basta con le ciance, basta con i leitmotiv di berlusconiana memoria, perché Tempa Rossa non è solo l’approvazione di un emendamento, ma nasconde molto di più ed i prossimi giorni si preannunciano densi di novità!

In ogni caso questo referendum, voluto solo da 9 regioni su venti, per giunta – con qualche dovuta eccezione – quelle a più bassa densità abitativa, potrebbe finire nel limbo delle iniziative nate morte. Il risultato referendario sarà valido se andrà a votare almeno il 50% degli elettori. Sono sicuro che il 17 aprile p.v. sarà una bella giornata di sole e tutti andranno al mare. Così come in passato raccomandava altro premier. Così come sta facendo la maggioranza dei pieddini e dei mantenuti della politica.

Marea nera 2Il consigliere del premier, Giuliano da Empoli, emerso negli anni novanta dicendo cose feroci sulle rendite di potere, sui sindacati da scardinare, sulla inutilità delle proteste studentesche, a distanza di ventisei anni ci ripropone un suo nuovo sforzo letterario,  La nuova generazione alla guida di un vecchissimo Paese. Ma, se la “nuova generazione”  è quella dei pentolai, degli imbonitori e dei faccendieri, allora è il caso di chiudere bottega e di rimandare il cambiamento a quella che verrà dopo di essa.

Comunque vada, il 17 aprile andrò a votare SI nella convinzione che gli arzigogoli mentali dei politici saranno messi fuori gioco dagli elettori, così come avvenne – a sorpresa –  col referendum di giugno 2011 che vanificò il tentativo di privatizzare l’acqua.