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Scarpe rotte. Eppur bisogna andar! Intervista alla sen. Doris Lo Moro

Intervista alla sen. Doris Lo Moro

Prima parte

Doris lo Moro 1A guardarsi attorno, è rimasta solo lei: Doris Lo Moro, senatrice della Repubblica, per nascita e per scelta di vita non solo politica, lametina doc. Attorno a lei il vuoto cosmico.
Nell’immaginario politico lametino – ma anche regione estensibile – non c’è altro, se non trombettieri e trombati, imprestati alla politica, palloni gonfiati e mongolfiere sul punto di precipitare, anche perché le aree di “accoglimento”, malgrado le nuove idee relative alle relazioni liquide, si sono sensibilmente ridotte e le “scarpe si son rotte”. Eppur bisogna andar! Dove? Là dove finisce quel che si credeva un  prato infinito da brucare.
Non è che l’unica nostra rappresentante politica non abbia commesso errori – lo dichiara  lei stessa – ma  bisogna riconoscerle quell’allure, eleganza di modi, sagacia ed  intelligenza  politica,  che altri, improvvisati quanto inadatti aspiranti stregoni, non posseggono e pensano che il gioco delle tre carte, con l’aiuto dello zaraffo di turno, alla fine li porti sul podio.

Comunque…la situazione politica ed economica italiana non brilla. Sembrerebbe anzi che vada solo per decimali, in base ai quali politologi, astrologi ed apprendisti stregoni, tra polemiche e contrapposizioni, tra plausi e positive prospezioni economiche e sociali, proiettano una vita migliore per l’italica gente.
Può darsi, ma allo stato la realtà fa solo versare lacrime amare: l’Italia non produce ricchezza, ma solo nuovi ricchi e tanti, tanti poveri. Un antico adagio nostrano,  tradotto dal vernacolo in madre lingua, recita: Signore mio, aiuta i ricchi, perché i poveri sono abituati alla indigenza. Lo ha fatto suo il premier Renzi, non autorizzato distributore di lupini e lenticchie a pensionati ed assimilati.
La regione Calabria non fa eccezione alle regole generali, anzi – qualsiasi sia e sia stato il vento, levante o ponente, che ha spirato – presidia ieri come oggi il fondo di tutte le classifiche. A due anni dal suo insediamento, la giunta Oliverio non ha ancora dato prova della sua esistenza. Si trascina, a torto o a ragione, in una gestione politica che non ha apportato niente di nuovo. Nemmeno quella tanto attesa riforma sanitaria, eterna querelle tra il governatore ed il commissario Scura.
Lamezia Terme – terza città della regione? –  ahinoi,  è poi terra “sconsacrata”!
A parte qualche sprazzo di luce, non ha mai avuto una classe politica degna di tal nome, indubbiamente per assenza di soggetti idonei all’uopo, ma anche per l’inveterato concetto dell’utilizzazione del voto come merce di scambio. Annaspa la giunta Mascaro – fulgido esempio di interrelazioni liquide – tra un maroso e l’altro senza ancora aver affrontato alcun problema serio a parte l’ordinaria amministrazione.
Malgrado i proclami e le espressioni di solidarietà, la città rimane border line, su una linea di confine immaginaria che la vede piagata dal malaffare, mortificata dal diffuso disinteresse cittadino ed  esaltata da rari esempi di solidarietà e partecipazione.
Legalità e trasparenza sono i temi più affliggenti della realtà lametina. Delitti, racket, estorsioni, agguati “pirotecnici” e perfino – ci mancava –  il dirty soccer,  che ha fatto retrocedere la squadra di calcio cittadina dal campionato semipro a quello dell’eccellenza. Sono questi argomenti che  gettano ombre sinistre  sulla città, ormai indelebilmente “etichettata” di frontiera e posizionata  border line. Vale a dire su una sottile linea di confine che la divide tra la “Lamezia perbene e Lamezia permale”.
E questi, purtroppo, non sono  dolci confetti sulmonesi.

Mi trovo con la senatrice Doris Lo Moro – magistrato, capitano di lungo corso, ex sindaco di Lamezia Terme per due mandati, ex consigliere regionale – che ha accettato,  al di là delle mie riflessioni politiche, di rispondere ad alcune domande finalizzate all’ interpretazione di quanto sta accadendo nella nostra regione e nella nostra città, di capire effettivamente chi siamo noi lametini, cosa vogliamo, dove andiamo e dare, soprattutto, corpo, consistenza e significato ad eventi, uomini e cose.

Senatrice, malgrado le associazioni antimafia, antiracket e le tante fiaccolate di protesta, a Lamezia la legalità è latitante, forse anche per l’ accettazione supina della popolazione. Sembra, paradossalmente, che non si faccia più caso alla sempre attiva collusione mafia – politica, concausa insieme ad altre, delle disgrazie cittadine. A suo parere  Lamezia è una città mafiosa o  non sono stati messi  in campo  gli anticorpi giusti?

Intanto è  storicamente accertato, anche per via giudiziaria, che a Lamezia si registra una forte presenza di cosche ‘ndranghetiste e  di “ famiglie” malavitose.  Non offendiamo alcuno, quindi, se  diciamo che questa è una città a forte rischio mafioso. Del resto quando ci sono cosi tante “famiglie”  significa che esiste una  divisione del territorio, una spartizione degli interessi nonché ineluttabili lotte intestine, fino a quando non si raggiungono equilibri soddisfacenti per tutte le fazioni malavitose o quando questi vengono meno.
Che sia una città mafiosa ce lo dice poi il fatto che Lamezia ha subito per ben due volte lo scioglimento del consiglio comunale con questa motivazione, ma anche gli innumerevoli arresti avvenuti negli ultimi anni; cosa quest’ultima che farebbe ipotizzare lo smantellamento delle ”famiglie” classiche tradizionali più conosciute e la creazione di nuovi equilibri.
Che questa sia una città a forte rischio lo sappiamo – prosegue la senatrice – così come sappiamo che dove esistono cosche mafiose c’è interesse alla vita pubblica, politica ed amministrativa; c’è il bisogno e l’interesse ad essere rappresentati, direttamente o per interposta persona, nelle istituzioni ed a contare per la città.
Rispetto al passato noto invece che, mentre in altre epoche ci sono stati evidenti risvegli e fermenti – forse perché  si era toccato il livello  più basso con  l’omicidio dei netturbini e dei coniugi Aversa, tal da provocare una ribellione di popolo ed il mio stesso coinvolgimento che mi fece candidare a sindaco – oggi devo constatare con amarezza che da parte della cittadinanza si tende molto all’assuefazione ed all’accettazione supina degli eventi malavitosi.
Ciò, concretamente, significa che non ci si chiede da dove arrivano i tanti soldi che circolano a Lamezia, non si bada più alla fonte di provenienza del denaro, provocando una promiscuità di fondo tanto da fare apprezzare, magari come  imprenditore,  una persona che fa parte di aggregati discutibili, sol perché costui  ha messo su un’ impresa. Non c’è più, quindi,  alcun discrimine: dove ci sono soldi, soprattutto dove c’è successo, ci sono consenso, ammirazione ed accettazione.

Onorevole, nel Senato della Repubblica Lei ha ricoperto e ricopre ruoli importanti. E’ vero che il suo intervento è stato decisivo per l’autorizzazione a procedere nei confronti del sen. Caridi?  La vicenda di cui trattasi parrebbe coinvolgere anche il nostro on. Galati, cosa c’è di vero ?

Guardi, decisiva perché faccio parte della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari. Ho solo svolto la mia parte insieme ai colleghi, tutti decisivi quindi. Abbiamo votato ed abbiamo proposto all’Aula l’arresto del sen. Caridi. L’Aula, con voto segreto e con una maggioranza schiacciante, quindi non solo con i voti del Pd, ha dato il luogo a procedere.
E’ bene, però, sottolineare che quel voto non è sulla colpevolezza del sen. Caridi, che deve essere accertata ed eventualmente sancita dalla magistratura; con il nostro voto si è esclusa la sussistenza di un fumus persecutionis nell’impianto accusatorio ipotizzato dai magistrati. So anche, per avere letto gli atti, che nella richiesta avanzata dalla magistratura sono citati altri parlamentari calabresi e non.Doris lo Moro 2
Relativamente alla nostra regione sono presenti esponenti politici delle diverse province, ivi compresa quella catanzarese. Non ci siamo, però, soffermati su questi casi più di tanto, anche se ciò non mi esime dall’esprimere sull’argomento un mio giudizio. Viviamo in un’epoca in cui se non c’è un’ordinanza di arresto il disvalore, anche solo morale, di un comportamento non viene neanche colto. Quindi si può fare becera clientela, si può essere faccendieri, si può essere politici, diciamo così, non stimati ed andare avanti tranquillamente, perché quel che conta è restare indenni. Un po’ come avviene nel mondo del malaffare:  il delinquente che viene assolto,  che riesce a farla sempre franca, diventa nel suo ambito un mito, diventa una persona di rispetto. Ma è la società tutta, come anche quella lametina, che non riesce a fare un distinguo, che non riesce ad orientarsi ed a pretendere un comportamento istituzionalmente dignitoso. C’è, quindi, sì, una responsabilità dei politici, ma anche della nostra società.

Se la legge Lazzati fosse operativa nella sua stesura originale, tanti “episodi” giudiziari ai quali abbiamo assistito su tutto il territorio nazionale avrebbero potuto avere epilogo diverso? Potrebbe essere questo l’anticorpo giusto per frenare la corruzione dilagante e l’eterno connubio politica- mafia?

La legge Lazzati,  che io ho molto sostenuto nella scorsa legislatura anche nella versione attuale che  contiene dei limiti – non è infatti la proposta originale dell’estensore – fu approvata, d’accordo anche con il collega Romano De Grazia, malgrado le modifiche apportate dalla commissione. Se non l’avessimo fatto avremmo perduto, nel ridiscuterla, tempo prezioso. Malgrado l’impegno assunto per riportare la legge alla sua ratio, la  “revisione” della stessa non è mai avvenuta. E’ vero che questa legge è andata a colmare un vuoto legislativo, stabilendo che i sorvegliati speciali non possono fare propaganda politica per alcun candidato. Per effetto di questa legge è già cambiato qualcosa: non credo che oggi ci siano politici che possano in buona fede affidare la propaganda elettorale a malavitosi.
Certamente no apertis verbis, ma dietro le quinte…
Va bene, io parlo di politici corretti, la Lazzati ha prodotto i suoi effetti, andrebbe perfezionata e resa più efficace, avrebbe bisogno, oggi, di un testo più organico e pulito, ma non è il solo strumento di contrasto  per la corruzione la cui matrice non è la mafia.  

(continua)