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Astensionismo patologico

minilogoHa vinto l’astensionismo, in Calabria così come in Emilia e Romagna.  Si può, indossando la maschera del cinismo, ignorare che c’è un paese in cui la democrazia latita sempre più  ed in cui, questa  stessa,  è sempre meno aperta e partecipata . Non si può far finta di non capire, invece , che ci troviamo difronte all astensionismo  di un popolo che non partecipa più alle competizioni elettorali perché non si sente più rappresentato dalla politica.
E tra le varie forme di astensionismo (apatico, fisiologico, tecnico-elettorale) quello generato dalla sfiducia- protesta è, patologicamente, il più grave. In passato abbiamo condiviso la sobrietà e l’equilibrio dei severi giudizi dell’ex presidente Napolitano. Oggi, tuttavia, non riusciamo ad essere d’accordo con lui quando sostiene che la “critica della politica e dei partiti… è degenerata in anti-politica, cioè in patologia eversiva”.  Infatti, da quando (1977) Enrico Berlinguer sollevò la “questione morale”, approfondite analisi statistiche dimostrano che l’astensionismo ha un andamento direttamente proporzionale alla mala politica ed alla corruzione dei partiti. Infatti da un 6,6% alle politiche del 1976 la sfiducia, in un crescendo rossiniano, ha raggiunto cifre ragguardevoli fino a diventare l’evidente preoccupazione dei politologi.
Le ultime consultazioni elettorali dell’Emilia e Romagna e della Calabria – epilogo delle malefatte della prima e seconda repubblica – hanno infatti celebrato il trionfo del non voto come voto ed hanno sacramentato che la disaffezione al voto è ormai diventata una certezza; che l’astensione non è più un incubo ma una sindrome logorante; che la politica ha generato malessere  e sfiducia nelle istituzioni e nei partiti.
Tutto questo rappresenta la rottamazione della democrazia, che è quanto i politologi avevano anticipato: se la percentuale dei votanti scende al di sotto del 50%, significa che il malessere, la delegittimazione, la disaffezione,  hanno soppiantato il desiderio di democrazia partecipativa. Il prossimo passo potrebbe essere quello che Napolitano ha definito “patologia eversiva”, che invece io connoterei come “sindrome da rigetto” generata  dal fatto che ingiustizia, illegalità e corruzione albergano prima di tutto nelle alte sfere istituzionali.
Sulle ali dell’entusiasmo, la Calabria ha eletto il suo nuovo consiglio  affidandone  la gestione socio – economica a Mario Oliverio,  “legionario e combattente”  da lunga data nelle file del Pd in tutte le sue varie coniugazioni  e nella speranza che non se ne debbano registrare altre. La sua coalizione ha avuto il 61% dei consensi, percentuale di tutto rispetto se  alle urne non si fossero recati solamente il 43.8% degli aventi diritti al voto: come dire che nella terra dei bruzi  han votato meno di un elettore su due.  Per dovere di cronaca, alle scorse elezioni regionali aveva  votato il 59%. Il presidente Oliverio tenga  ben presente  che la democrazia da liquida sta diventando gassosa.  Potrebbe, cioè, dileguarsi nell’aria. E le premesse ci sono tutte.