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BRUCIA LA CALABRIA… SEMPRE PIU’ AMARA E MENO GRANDE
Solcano i cieli i Canadair cercando di contenere la reazione della natura stanca della pochezza di coloro i quali si erano proposti di farle rivivere i fasti dei suoi giorni migliori. E’ peregrina l’idea di una regia occulta che stabilisce quando, come e dove i roghi devono bruciare?

Il mio pensiero va a Leonida Repaci ed a quel suo saggio antropologico, perché tale è, “Calabria grande ed amara”. Non ci si deve però, compiacendosi, soffermare più di tanto “sul maschio vigore creativo del Signore” e sulle Sue benevole intenzioni, invero mal riuscite, nel voler fare della Calabria “un capolavoro”. Pensiero questo sublime ed accattivante, che lascio come chiusa ai sermoni elettorali dei tanti imbonitori che si alternano sulle piazze in questa vigilia pre – elettorale, per mietere ampie messi di consensi.
Il titolo, però, non deve trarre in inganno perché Repaci con “grande” alludeva ai fasti del suo passato e della sua antica civiltà, mentre con “amara” faceva riferimento alle lotte contadine, alle baronie agrarie, all’analfabetismo, alla miseria, all’emigrazione ed a tutte quelle “tare”, alcune presenti ancora oggi nel nostro tessuto sociale, altrove già sconfitte da quel che fu definito miracolo economico.
Siamo negli anni…quaranta/cinquanta, quando in questa parte d’Italia vigevano ancora rigidità di costumi, usi e consuetudini regolanti la quotidianità del vivere.
Una contrapposizione, un controcanto, tra il bianco ed il nero, non quindi un segno di stanchezza, una svista del Signore che stanco delle fatiche della creazione ci regalò questo ingrato destino.
Tale premessa mi torna utile, non essendo io fatalista, ad affermare che quanto accade in questo insignificante lembo peninsulare non ha niente di fatidico e di profetico anzi …è la diretta conseguenza – lo dimostrano 50 anni di vacuo regionalismo – della distanza siderale tra le due Italie in termini socio- economici.
Non è che voglia fare il solito “lamentino”, anzi sull’argomento spicco disinvoltamente un volo pindarico, rimarcando solo la “disattenzione” governativa per un territorio che avrebbe avuto bisogno di una massiccia cura da cavallo e la “inutile presenza” di una classe politica calabrese, da tempo immemore impegnata a curare i cazzi suoi, ieri come oggi.  Soprassiedo, momentaneamente sull’argomento, riservandomi la narrazione su uomini, donne e formazioni politiche che si accalcano sul proscenio in vista delle elezioni regionali, previste per i primi giorni di ottobre.
Settembre non è più il mese in cui “è tempo di migrare”; questa volta i pastori non andranno per i “tratturi tracciati dagli antichi padri” dal momento che i roghi stanno cambiando la morfologia territoriale della regione: brucia l’altopiano silano, così come l’Aspromonte, brucia tutto dal Tirreno allo Ionio, compreso il bosco di Acatti, rifugio inviolabile aspromontano per uomini di malaffare, latitanti e fiere selvatiche.
Mai era avvenuto che “tutti insieme appassionatamente”, in Calabria bruciassero centodieci roghi – afferma Spirlì il governatore che non ha governato, ma che ha alimentato il sottobosco politico con cento e cento assunzioni smaccatamente clientelari –  e che in contemporanea in una stessa provincia scoppiassero 200 focolai d’incendio e gran parte di essi, in zone difficilmente raggiungibili da terra! Solo   per via aerea; solo i canadair hanno potuto intervenire per salvare il salvabile!
E’ questa è una contingenza che suscita serie perplessità nascondendo con la balla della calamità naturale, una grande verità: le regioni Calabria, Puglie e Sicilia, in special modo, non hanno ottemperato o mai dedicato la giusta attenzione alla salvaguardia del territorio, forse perché “prese” da problematiche più importanti.
Lo sostiene Codacons, l’associazione che tutela i consumatori. Ipotizza, essa, e lo dice a chiare note, che la responsabilità di quanto accaduto, sia da ascrivere al fatto che la Regione Calabria – compagne al duol Puglia e Sicilia – non abbiano redatto, o quanto meno aggiornato, il catasto dei terreni previsto dalla legge 353 del 2000 ed eseguito verifiche su fondi incolti.
In tal senso l’associazione dei consumatori ha presentato un’istanza alle istituzioni delle tre regioni volta ad accertare se esse abbiano messo in atto tutte le misure previste dalla citata legge, ripromettendosi di denunciare, in caso di inadempienze, i presidenti delle regioni per omissione di atti d’ufficio, concorso in disastro colposo ed in caso di vittime o feriti, per concorso in omicidio colposo e lesioni…
In realtà e per effetto della legge 353 il catasto dei terreni incolti, avvalendosi dei rilievi effettuati dal Corpo Forestale dello Stato, andrebbe aggiornato annualmente e le segnalazioni di inadempienze rese note ai proprietari attraverso l’albo pretorio comunale. Tale procedura chiaramente coinvolge anche gli enti provinciali e comunali.
Ma a giudicare da quanto si vede in giro, anche in prossimità dei centri urbani e lungo le strade ad essi adducenti, in particolare quelle di competenza provinciale, il disposto di legge è e rimane solo una chimera.
La domanda da porsi – dopo i roghi divampati nella nostra regione in questi giorni di calura infernale – è se i nostri numi tutelari hanno adempiuto agli obblighi di legge e, in virtù di questi, quanti procedimenti hanno avviato sul fronte dei fondi incolti per obbligare i proprietari a provvedere alla pulizia dei terreni!
Anche perché, vivaddio, la mappa dei fuochi, al colto ed all’inclita, lascia immaginare una strategia piromane ordita a tavolino. Anche perché, vivaddio, la regione Calabria spende ogni anno per l’antincendio almeno 40 milioni di cui almeno 4 o 5 ml.  per i Canadair.
Mio caro conterroneo, ogni qualvolta vedi quel giallo “uccellone” sopra la tua testa sono migliaia di euro che vengono polverizzati (dai 6 mila ai 15 mila euro/ora) insieme all’acqua che viene sparsa per contenere i roghi appiccati da sciagurati piromani!
Le società private, cui appartengono i canadair, sono sempre le stesse! Quelle che, anno dopo anno puntualmente si aggiudicano gli appalti, di pari passo con quelle che, anno dopo anno, gestiscono i rimboschimenti!
C’è tutto un business dietro i roghi? Non ci credo, però non è peregrina l’idea di una regia occulta che stabilisce quando, come e dove le pire devono bruciare.