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Legge Lazzati: chiave di volta o di svolta? Come la pensa Franco Roberti number one dell’antimafia nazionale

++ Procuratore antimafia, Cms nomina Franco Roberti ++Il dott. Franco Roberti è stato nominato Procuratore Nazionale antimafia dal Consiglio Nazionale della Magistratura il 25 luglio 2013.
Quando sostiene che la “’ndrangheta”  ha colonizzato il Nord dice una grande verità. L’organizzazione mafiosa (omnicomprensiva di ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita) trae il 50% del suo fatturato dal settentrione. Il che non meraviglia nessuno, se si considera che gli euro
 che girano provengono dai grandi appalti del Nord. Il Sud nel castelletto degli affari pesa appena per un 23% che non copre nemmeno le spese di rappresentanza e sostentamento degli appartenenti all’holding del malaffare.

Per il procuratore Roberti avevo preparato quattro domande che non mi è stato possibile porre per l’incalzare degli eventi.
La prima era relativa alla legge nr. 68 sugli ecoreati: basterà ad arginare e porre fine agli scempi ambientali?
La seconda: lei è l’ultima speme per restituire agli abitanti il diritto alla vita e  alla Terra dei la dignità che merita; cosa intende fare?
La terza, invece, era relativa al fatto che le organizzazioni mafiose di Calabria, Campania, Sicilia e Puglia (in ordine rispettoso di fatturato) spadroneggiano sul territorio.Da qualche parte si è ipotizzato un patto di non belligeranza
  per il quale una buona porzione del territorio della repubblica sarebbe stato tacitamente consegnato al malaffare. Scavando nella storia, non mancano credibili precedenti. Tutto, quindi, In netto contrasto con quanto lei ha affermato in una sua precedente intervista rilasciata non ricordo a chi: “Quando lo Stato fa lo Stato non ce n’è per nessuna organizzazione”. Con i tempi che corrono, i Casamonica nel salotto di Vespa e gli onorevoli meravigliati per regalie ricevute a loro insaputa sono fatti che dovrebbero far riflettere noi tutti.  Ma allora lo Stato c’é? O c’è o non c’è a seconda i casi? In punta allo stivale la sua presenza viene messa in seria discussione.
La quarta domanda era: perché la legge Lazzati  è così avversata?  Avevano i riflessi giuridici appannati i Grevi, gli Stella o, invece, si cerca di difendere l’indifendibile e di evitare l’ulteriore sputtanamento di una classe politica tesa alla conservazione della specie?

“Proverò a rispondere alle domande del prof. Angelini in quanto ero venuto qui per parlare della legge sugli ecoreati”,  esordisce il procuratore nazionale Roberti. “Ne è venuta fuori una legge che non soddisfa particolarmente nessuno”. Egli ammette le critiche rivolte alla legge, ma ne evidenzia anche le virtù, sottolineando che il contesto nel quale essa si incastona è il codice Rocco, vecchio di 85 anni.

Ammetto di non essere in grado di seguire fino in fondo le discettazioni giuridiche del dott. Roberti, che spaziano da un articolo all’altro del codice,  e sopra tutto di non essere in grado di capire la differenza dell’inserimento della legge in un testo unico anzi che altrove. 
Una cosa però mi sembra chiara: la legge 68 ha pregi o difetti, a seconda che a manifestare consenso o dissenso siano la Confindustria, o il singolo imprenditore, o il sindacalista o chi politicamente sia espressione di una parte o dell’altra.
Io sto dalla parte di chi non parla più, di chi soffre per le malefatte altrui, di chi paga le responsabilità altrui. Eternit e Ilva Taranto insegnano che la giustizia non ha sempre lo stesso volto.

Soggiunge il procuratore che “non tutto è riconducibile al delitto mafioso, ma esiste anche il delitto d’impresa”. 
Pertanto è inutile parlare, come fa Confindustria, di economia buona o cattiva. Sarebbe il caso, invece, di parlare di corruttori, corrotti ed esecutori del reato. Sarebbe il caso  di monitorare i volumi produttivi. Se la produzione in nero è del 45% i rifiuti non possono viaggiare che sulla stessa  percentuale.
“Ne consegue – dice Roberti – che Confindustria non può essere contenta di veder classificati i reati dei suoi associati come delitti”.
Egli continua elencando i tanti processi innovativi che potrebbero certamente migliorare l’amministrazione della giustizia. Poi, nell’affrontare l’argomento prevenzione-repressione, indica nella confisca dei beni ai mafiosi la migliore misura punitiva. “Anche qui, però c’è bisogno – dice il procuratore – di riscrivere il capitolo gestione dei beni che oggi presenta non poche difficoltà”.
Per contrastare le infiltrazioni mafiose egli auspica una maggiore sinergia tra gli enti amministrativi e giudiziari, anche se lo scioglimento dei consigli comunali rimane a suo parere la migliore misura preventiva. In questo contesto egli ritiene che, per esempio, possono essere utili sia la legge Lazzati, che il 416 ter.
“Ma attenzione – soggiunge il procuratore – della legge Lazzati  non ne farei la chiave di volta o la chiave di svolta, non è la panacea di tutti i mali, non conclude lo strumentario legislativo, anche in considerazione del fatto che la mafia ha grande capacità di mimetizzazione e ricorre sempre a prestanomi”.
Roberti conclude il suo intervento illustrando gli elementi innovativi apportati al 416 ter. Elementi, a mio sommesso parere, destinati a rimanere là appesi fino a quando qualcuno non riuscirà a trovare le prove della collusione mafia-politica. Come dire: incertus an, incertus quando. Cioè, mai!