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I DATI IRPEF SPIEGANO COME È DISTRIBUITA LA RICCHEZZA IN ITALIA
Guardando gli ultimi dati sulla dichiarazione dei redditi del 2020 (statistiche del Ministero dell’economia e delle finanze) si capisce la situazione di Lamezia, grande città di 70mila abitanti, rispetto alle altre località calabresi. Inoltre si comprende anche un altro dato essenziale: coloro che guadagnano circa 2 mila euro al mese (pur essendo solo il 5% dei contribuenti) pagano più del 41% della principale imposta italiana. Ecco documentata la tosatura del ceto medio in Italia. Ma non ditelo a Landini

CALABRIA. Imponibile Irpef pro capite. Dichiarazioni dei redditi 2021 (anno d’imposta 2020). Graduatoria su 30 località da me scelte.

  1. SOVERATO (Contribuenti: 5881)
    Imponibile pro capite: € 20.363,3
  2. CATANZARO (52973)
    Imponibile pro capite: € 19.501,1
  3. COSENZA (40266)
    Imponibile pro capite: € 19.266
  4. REGGIO DI CALABRIA (104489)
    Imponibile pro capite: € 18.657,4
  5. VIBO VALENTIA (19726)
    Imponibile pro capite: € 18.538,9
  6. SOVERIA MANNELLI (1883)
    Imponibile pro capite: € 17.850,4
  7. MONTAURO (1219)
    Imponibile pro capite: € 17.800
  8. CROTONE (33554)
    Imponibile pro capite: € 16.325,6
  9. PIZZO (5489)
    Imponibile pro capite: € 15.922
  10. SQUILLACE( 2159)
    Imponibile pro capite: € 15.620,7
  11. STALETTI‘(1514)
    Imponibile pro capite: € 15.569
  12. LAMEZIA T. (39797)
    Imponibile pro capite: € 15.544,4
  13. GIRIFALCO (3340)
    Imponibile pro capite: € 15.504,9
  14. DECOLLATURA (1846)
    Imponibile pro capite: € 15.021,1
  15. PIANOPOLI (1553)
    Imponibile pro capite: € 14.547
  1. BORGIA (4368)
    Imponibile pro capite: € 14.474,117)
  2. SAN GIOVANNI IN FIORE (9887)
    Imponibile pro capite: € 14.471,2
  3. TAVERNA (1453)
    Imponibile pro capite: € 14.451,3
  4. AMANTEA (8694)
    Imponibile pro capite: € 14.212,6
  5. TROPEA (3729)
    Imponibile pro capite: € 14.085,6
  6. CORTALE (1358)
    Imponibile pro capite: € 13.248,1
  7. NOCERA TERINESE (3189)
    Imponibile pro capite: € 13.221,5
  8. FALERNA (2396)
    Imponibile pro capite: € 13.095,9
  9. BOTRICELLO (2891)
    Imponibile pro capite: € 13.087,3
  10. FEROLETO ANTICO (1261)
    Imponibile pro capite: € 12.545
  11. GIZZERIA (2908)
    Imponibile pro capite: € 12.430
  12. CHIARAVALLE CENTRALE (3468)
    Imponibile pro capite: € 12.167,8
  13. PLATANIA (1224)
    Imponibile pro capite: € 11.842,8
  14. MAIDA (2885)
    Imponibile pro capite: € 11.831,5
  15. CONFLENTI (886)
    Imponibile pro capite: € 11.337

I dati di cui sopra sono relativi ai redditi conseguiti dagli italiani nel 2020. Sono dunque riferiti ad un anno in cui il Pil (cioè il reddito aggregato di una nazione) è diminuito in termini reali di circa il 9% rispetto al 2019. Come conseguenza, il reddito complessivo dichiarato nel 2020 ai fini Irpef registra una diminuzione del 2,2% (circa 19,5 miliardi) rispetto all’anno precedente.
Guardando questi dati si capisce bene come davvero funziona la principale imposta italiana.
Però una precisazione è necessaria, questi dati concernono la sola Irpef. Vale a dire, comprendono i redditi da lavoro dipendente, da pensione, da lavoro autonomo (tranne i contribuenti in regime forfettario), il reddito derivante da partecipazione in società e assimilate. Non comprendono invece – oltre ai lavoratori autonomi in regime forfettario – le società di capitali e praticamente tutti i redditi da capitale (che sono sottoposti a tassazione sostitutiva, sebbene non omogenea).
Quindi un’occhiata a questi dati non restituisce un’immagine del sistema fiscale italiano, ma “semplicemente” della sua imposta principale (l’Irpef), che nel 2020 ha portato nelle casse dello Stato circa 154,3 miliardi, il 37% dei 411,3 miliardi di complessive entrate tributarie riferite alla sola amministrazione centrale.
Dopo tali premesse, guardando i dati si comprende la situazione calabrese dove una città di 70mila abitanti come Lamezia con il suo reddito pro-capite di 15.544 ha un reddito (dichiarato) quanto quello medio di Girifalco. Lamezia è quella città in cui qualsiasi medico di famiglia su 1600 assistiti ne ha almeno 600 con esenzione E02 (spetta ai disoccupati e ai familiari che hanno a carico, cioè a quelli che abbiano redditi non superiori a 6.612 euro annui). Cosa significano questi dati?
Significa che un individuo il quale in un anno dichiara un reddito lordo di 15.544 incassa un reddito netto pari a 12.743, cioè di imposte se ne va il 18%. Pertanto si evince che egli vive con poco più di mille euro al mese, dato assurdo anche se il nostro dichiarante vivesse da solo senza alcun familiare a carico. Tale ragionamento che vale per i lametini dichiaranti può essere esteso a tutti gli altri dichiaranti calabresi, per cui è facile concludere che l’Irpef è una imposta che non svela i redditi reali degli italiani ma pur tuttavia il confronto complessivo è utile per capire la situazione delle nostre città. E’ evidente in Calabria che le cittadine o i paesi che vivono di turismo hanno redditi superiori a Lamezia o ad altre città terziarie come la nostra. Osservare la classifica dei primi 30 comuni italiani per reddito Irpef pro capite vuol dire anche dare un’occhiata a come è distribuita la ricchezza in Italia. La Lombardia spadroneggia, e poi un po’ di Piemonte, qualche frammento di Liguria, Toscana, Abruzzo e Marche. Si scopre, per esempio, che il centro “più ricco”, secondo i dati del Ministero dell’economia e delle finanze, è Basiglio, in provincia di Milano, dove i contribuenti in media dichiarano al fisco 44.684 euro a testa. Subito dietro, con 36.894 euro, Cusago, sempre nel milanese, e Torre Isola, ancora Lombardia ma dalle parti di Pavia (34.568 euro in media). Per uscire dai confini della regione più popolosa e ricca d’Italia bisogna scendere fino al quarto posto dove troviamo il mare della Liguria, quello su cui si affacciano le ville di Pieve Ligure, in provincia di Genova. Là i residenti dichiarano mediamente 32.842 euro.

La top ten è tutta appannaggio del Nord Ovest, dal momento che l’unico altro comune non lombardo nelle prime posizioni risulta Pino Torinese (provincia di Torino) con 32.122 euro di reddito medio. Nel complesso, Gabicce Mare (provincia di Pesaro e Urbino), Lajatico (Pisa) e Cugnoli (Pescara) sono gli unici centri tra i primi 30 al di fuori di quell’area geografica. Anche osservando i Comuni più popolosi la geografia della ricchezza cambia ma non troppo. In testa Milano, unica grande città a superare la soglia dei 30mila euro pro capite (31.778 per l’esattezza). Subito dietro Padova (25.487), Parma (25.355) e Bologna (25.334). Al quarto posto Roma (24.964), dove i contribuenti dichiarano quasi 7mila euro in meno rispetto a Milano.
Ora osservate bene la curva riportata nella figura (il cui autore è l’on. Marattin) e troverete la risposta – articolata per fasce di reddito – alla domanda fondamentale: fatto 100 il mio reddito complessivo, alla fin fine (dopo calcolo di aliquote, deduzioni, detrazioni, trattamenti integrativi, ecc) quanto si paga di Irpef?
Questa è la curva che misura il grado di progressività di un’imposta. Se è crescente, siamo in presenza di un’imposta progressiva, perché all’aumentare del reddito, cresce la quota di tale reddito che va allo Stato. Una curva molto inclinata comporta una progressività più forte rispetto a quella implicata da una curva meno inclinata. Se è decrescente, siamo in presenza di un’imposta regressiva (per il motivo opposto), se è piatta, siamo in presenza di un’imposta proporzionale (la cosiddetta flat tax).
L’aliquota media effettiva calcolata su tutti i contribuenti è del 17,84%. Significa che fatto 100 tutto il reddito aggregato dichiarato in Italia ai fini Irpef, 17,84 centesimi vanno allo Stato.
Una semplice occhiata alla curva ci conferma che la nostra Irpef è sicuramente progressiva: la curva infatti è crescente lungo tutto il tratto. Salta però agli occhi che la pendenza non è uniforme, ma varia: sotto i 50 mila e sopra i 100 mila l’Irpef sembra essere più progressiva che nella fascia 50- 100 mila, dove si annida il cosiddetto vero ceto medio.
Mentre possiamo ragionevolmente soprassedere sulla parte oltre i 100 mila, viene da chiedersi se è davvero ottimale che la velocità con cui cresce la tassazione su un’ora di lavoro aggiuntiva quando guadagno 30 mila euro all’anno debba essere superiore a quella che ho quando invece ne guadagno il triplo.
Il 31% dei contribuenti (12,8 milioni su circa 41 milioni) non versa neanche un euro di Irpef. Si tratta di coloro la cui imposta lorda è azzerata dalle detrazioni, oppure quelli la cui imposta netta è azzerata dal trattamento integrativo (il cosiddetto “bonus Renzi”, poi esteso da Conte proprio nel 2020).
Nel primo scaglione (0-15 mila euro) ci sono 18,3 milioni di contribuenti, una cifra non lontanissima dalla metà assoluta di tutti i contribuenti (il 44,5%). Costoro pagano il 2,7% di tutta l’Irpef italiana, e in media 17,5 euro al mese. Questo spiega perché è così difficile ridurre l’Irpef sui contribuenti a reddito basso: essi, infatti, praticamente già non pagano l’imposta. E questo spiega altresì perché se si vuole aumentare il reddito disponibile di costoro, è inutile agire sul cuneo fiscale, proprio perché non vi è “spazio” sufficiente. Occorre invece agire invece sul cuneo contributivo, come non a caso il Governo ha fatto nell’ultima legge di bilancio per i lavoratori dipendenti con reddito inferiore ai 35 mila euro annui, sebbene con un intervento valido solo per quest’anno.
Se allarghiamo lo sguardo comprendendo i primi due scaglioni, scopriamo un dato incredibile, che circa l’80% di tutti i contribuenti Irpef (32,6 milioni di individui) paga circa il 30% di tutta l’imposta. Ecco in un numero solo la più grande ingiustizia italiana.
D’altro canto, i poco più di 2 milioni di contribuenti con reddito complessivo superiore ai 50.000 euro annui (stiamo parlando, approssimativamente, di coloro con uno stipendio netto mensile pari o superiore ai 2 mila euro), pur essendo il 5,5% dei contribuenti sopportano da soli il 41% di tutto il peso Irpef.
Questa breve analisi pertanto dimostra un fatto piuttosto semplice: coloro che guadagnano da circa 2 mila euro al mese (netti) in su, avranno anche un andamento della progressività meno marcato rispetto ai contribuenti con reddito inferiore ma – pur rappresentando poco più di 5 contribuenti su 100 – pagano più del 40% di tutta l’Irpef italiana.