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TUTTI VENDIAMO PROSCIUTTI INCLUSI I POLITICI
"Era il 1992 e con “Accattatevill’” Sophia Loren non ci stava solo vendendo un prosciutto: stava dando forma al futuro. A un mondo al quale mancavano tra i dieci e i vent’anni, e che sarebbe stato popolato da una mutazione antropologica in seguito alla quale siamo sia la Loren sia il prosciutto».

Questa del “prosciutto” è una delle immagini centrali in “L’economia del sé. Breve storia dei nuovi esibizionismi”(Marsilio), il nuovo saggio di Guia Soncini, e queste parole condensano bene il senso della sua tesi. Poco alla volta l’ansia di apparire, di essere protagonisti e di contare nelle vite degli altri ha forzato molti a mettersi sul mercato, esponendosi con foto, battute, opere e opinioni come merce al commento e al giudizio dei consumatori.

Senza accorgercene ci siamo trasformati non solo in venditori di prosciutti, proprio come Sophia o Mike Bongiorno o tutti i testimonial delle reclame, ma proprio a diventare allo stesso tempo sia testimonial che merce in vendita. La stessa ansia di apparire ci ha condotto infine a raccontare le nostre vite esposte in una casa di vetro (una volta i panni sporchi si lavavano in famiglia), e poi a celebrare i propri consumi (culturali sessuali e non), a litigare, a discutere, ad avere opinioni su tutto pur di ottenere il potere di significare qualcosa e magari riuscire ad influenzare gli altri.

Quel potere ha ottenuto dunque un valore economico.

La trasmissione tv che spiega tutto questo (percorso) è Uomini e donne di Maria De Filippi. Ora dovete sapere che MDF è l’inventrice del “percorso”. In tutte le sue trasmissioni i partecipanti ripetono in maniera tantrica “percorso” per cui qualsiasi cazzata dicano e/o facciano rientra nel percorso, lo esigerebbe il percorso. Si possono vedere bellissime signorine o ex signore che con uno schioccar di dita potrebbero far cadere ai loro piedi spasimanti o mariti che invece vanno in tv con la scusa di trovarselo. Potete vedere allegri novantenni o vecchi decrepiti, latin lover da lido romagnolo o attempate settantenni pluri divorziate tutti intenti a stare in tv, magari per anni, percorrendo il percorso tortuoso che forse conduce all’Amore. In realtà vogliono stare in tv per vendersi come prosciutti, per vendere se stessi con tutte le loro complicate megalomanie, sotto l’occhio vigile di MDF che dà al pubblico quello che il pubblico vuole.
Guia Soncini si domanda:
Come siamo diventati questo prodotto perpetuamente in vetrina? (…) Se pensate che stiamo parlando d’un mondo a voi alieno quale quello di coloro il cui mestiere è stare su Instagram, ripensateci. Il mestiere di tutti è ormai cercare vetrine“.
Fatevi questa domanda (chi vuole trovarsi una vetrina?) mentre scorrete i titoli di qualsiasi giornale, di qualsiasi sito di notizie o mentre guardate la tv. Tutti i nomi che rinvenite, le facce che incontrate, altro non sono che l’elenco di persone-merci che intendono vendere se stessi come se fossero prosciutti. Si vendono parlando (apparentemente di altro) di questioni, problemi, quasi sempre protestando e accusando. Si vendono presentando libri e conferenze, convegni e iniziative, si vendono nel momento in cui prendono la parola, o scrivono, o rilasciano una dichiarazione. I social, che ormai formano un unico territorio con i media tradizionali, concorrono alla messa in vetrina dell’esibizionista.
Alba Parietti, per fare un solo esempio, campa attraverso l’apparire, se guardaste la tv dalla mattina alla sera vi capiterebbe di incontrarla in tre, quattro trasmissioni al giorno dove appare e dice la sua, senza sapere nulla di nulla. Naturalmente le danno un gettone di presenza ma anche se ci va gratis la pagano quelli che le hanno fornito il vestito, i goielli, l’orologio da esibire. A Uomini e donne vari protagonisti da anni si accordano finanche con i ristoranti per portarvi a cena le donne con le quali escono.
La De Filippi dà al pubblico ciò che il pubblico vuole o gradisce. Soffermiamoci un momento su questo ultimo concetto. Dare al pubblico quel che il pubblico vuole: è l’imperativo di ogni impresa che produce beni o servizi (da vendere), se non c’è chi compra si fallisce. Ora, al pubblico si fornisce tutto quello che il pubblico gradisce acquistare, dagli oggetti alle opere d’ingegno (film, teatro, pittura, canzoni), sino al sesso, alla prostituzione e alle perversioni. Attraverso internet il mercato soddisfa qualsivoglia esigenza, di qualsiasi tipo o natura, per cui ciascuno può trovare l’offerta giusta, dalla dolce compagnia al killer al mercenario. Insomma, ogni domanda crea la sua offerta, per cui al mondo ci si può guadagnare da vivere vendendo gomme e biro in un negozietto, così come ospitando in tv uomini e donne alla caccia di visibilità nella pornografia dei sentimenti, così come interpretando o producendo film porno, così come vendendo bombe, armi e veleni, così come trasferendo da un paese all’altro migranti disperati.

Per paradosso proprio mentre le scienze sociali ci aprivano gli occhi sui pericoli della mercificazione e sullo strapotere delle marche, molti hanno cominciato ad affannarsi alla ricerca di aziende che potessero trasformare l’apparire in una professione. In un mondo così trasformato in cui ciascuno di noi cerca vetrine, il populismo apparso in politica ha dunque collegato il bisogno individuale di apparire con il dare al pubblico ciò che il pubblico vuole. Ogni opinione si erge pertanto su queste due colonne e così visibilità e consenso fanno acquisire potere. Quelli che chiamiamo influencer, una Chiara Ferragni per dire, monetizzano per una marca il loro potere, ma qualsiasi giornalista o politico compie la stessa identica operazione.
La politica attraverso il populismo vende prosciutti come faceva Sofia Loren o Mike imponendo la pellicceria Annabella di Pavia o la grappa Bocchino. Una volta c’erano i testimonial, adesso ognuno ambisce ad essere testimonial di se stesso per cui non sono più possibili se non sporadicamente aggregazioni collettive. Chi rimpiange i vecchi partiti novecenteschi, con i loro segretari e i loro congressi, le sezioni le sedi e le bandiere, vorrebbe tornare ad un mondo che internet ha spazzato via, attraverso i social e l’on line.
Restano le preferenze degli elettori, che qualcuno in ogni istante raccoglie, non attraverso i sondaggi che ancora la tv ci presenta, bensì attraverso la catalogazione delle tracce che lasciamo navigando sul web. Dati aggregati che gli influencer politici utilizzano per le loro campagne condotte attraverso uno scambio reciproco: tra rappresentante e rappresentato. Sapere se i frame semantici “immigrazione” o “pace” nascano da Salvini o dal suo popolo è come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina.