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CANTINA SOCIALE DI SAMBIASE: E’ UN ATTO DETTATO DA IMPELLENTE INTERESSE PUBBLICO?
Sull’argomento infuria la polemica: alla richiesta dell’opposizione dell’annullamento in autotutela del permesso di costruire nr.70 rilasciata dal Comune di Lamezia Terme, hanno replicato il sindaco ed il consigliere comunale di FdI. Ciò ha provocato un’ulteriore reazione del comitato d’opposizione che ha fatto seguito con il comunicato stampa che pubblichiamo nella sua interezza.

Come tutti quelli che non hanno argomenti il Sindaco Mascaro ha avuto al suo solito una immediata reazione scomposta, aggressiva, supponente e sfuggente verso l’istanza di revoca in autotutela del permesso di costruire l’ex Cantina Sociale di Sambiase, a lui inviata solo per conoscenza.
Però noi, nell’interesse della città, non ci scoraggiamo e non rinunciamo a porci e a porgli alcune domande, con la cocciuta speranza d’ottenerne questa volta risposte serie o quantomeno pacate.
Ci chiediamo innanzitutto che fretta c’era (maledetta sicumera) a spingerlo, appena reinsediato dal TAR col momentaneo annullamento del terzo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose che ci ha regalato, a riprendere tra i primissimi atti di Giunta proprio l’inserimento dell’ex Cantina Sociale tra i beni da alienare, visto che sulla stima economica dell’immobile la Commissione d’accesso inviata dal Prefetto aveva mosso pesanti e puntuali rilievi.

Se di sfida si trattò, fu lanciata davvero nell’interesse della città?

E ancora, visto che Sindaco e Assessore al ramo hanno rivendicato la legittimità amministrativa del Permesso di Costruire, ci chiediamo che fretta c’era a non attendere la risposta della Regione alla strana seconda istanza con cui il Dirigente comunale riproponeva l’abnorme richiesta di applicare al progetto di demolizione della Cantina depositato nel 2020 il famigerato art. 9 ter della legge regionale n. 7/2012, visto che la stessa Regione aveva poco prima già espresso un chiaro no, spiegando che quella norma transitoria era palesemente applicabile solo ai progetti depositati entro il 16 febbraio 2012, data di sua entrata in vigore.
Il precipitarsi a comunicare al richiedente la volontà di concedere il Permesso a costruire prima che uscisse la sentenza della Corte Costituzionale che ha cancellato alcune delle generose modifiche apportate dalla Regione Calabria al cosiddetto Piano Casa, fu davvero un atto di buona amministrazione assunto per il bene pubblico?
Ci chiediamo poi che fretta c’era a non attendere (magari sollecitandola) la comunicazione del Prefetto sul certificato antimafia della ditta acquirente e a darlo invece per acquisito alla scadenza del termine legale di 30 giorni.

Fu anche questo un atto dettato da un impellente interesse pubblico?
E sebbene si tratti di un procedimento esclusivamente in mano al dirigente comunale, ci chiediamo se davvero dell’ansia per tutta questa fretta il Sindaco non abbia avuto alcun sentore.
Non sapremmo, infatti, cosa considerare peggio tra l’averla percepita e averla sottovalutata ed il non saperne niente, anche perché il Sindaco dovrebbe aver bene in mente che il terzo scioglimento per mafia che ci ha regalato fu determinato fortemente dal caos amministrativo trovato al Comune dalla Commissione d’accesso.
Sarebbe, allora, doveroso escludere chiaramente che a spingere l’acceleratore sia stato qualche imponente sollecito.
Infine, alcune brevi chiose sui lamenti mediatici del giovane ing. Gallo, progettista e consigliere comunale di opposizione (?) di Fratelli d’Italia.
Noi speriamo che egli abbia almeno letto la Relazione del progetto di demolizione e ricostruzione che ha depositato, perché qualche dubbio in proposito ci viene.
Innanzitutto, quella relazione, e di conseguenza il progetto, chiedono il rilascio del permesso di costruire esclusivamente in base all’art. 5 della legge regionale n. 21/2010.
Non capiamo perché ora, abrogata la lett. b) di quell’articolo, l’ing. Gallo pretenda di giustificare la legittimità di quel permesso in base all’art. 4 che la Relazione non invoca da nessuna parte.
Ma è davvero troppo, poi, la sua pretesa di ergersi a censore del sapere giuridico degli autori dell’istanza di revoca in autotutela (buon epigono, in questo, del Sindaco, noto erede morale di Carnelutti).

L’ingegnere ci insegna, ma senza alcuna spiegazione, che l’art. 90 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del nostro Piano Regolatore non si applicherebbe, perché la Legge Regionale n. 21/2010, essendo in deroga, derogherebbe a tutto, anche alle NTA.
Solo che gli sfugge il piccolo particolare che la Relazione al progetto da lui depositato calcola espressamente e diffusamente le dotazioni degli spazi verdi e dei parcheggi sulla base di quello stesso art. 90 NTA.
Quanto poi a considerare la Cantina Sociale solo “un ammasso di cemento fatiscente”, capiamo che uno, se certe sensibilità non ce l’ha, non può comprarle, ma un po’ di rispetto per quei luoghi, in cui tanti nostri padri hanno conferito il frutto del duro lavoro col quale hanno mantenuto agli studi molti di noi, non sarebbe male. Forse è per questo che, quando anni fa tutelavamo la memoria storica della prima “industrializzazione” della piana, difendendo la conservazione dell’ex Zuccherificio, né il Sindaco Mascaro, né alcuno degli attuali consiglieri comunali era al nostro fianco: per tutti loro e a dispetto della Sovrintendenza delle belle arti si trattava evidentemente di altro ammasso di cemento fatiscente.

E quanto alla difesa dell’imprenditoria privata, nessuno di loro, tantomeno il Fratello d’Italia ing. Gallo, era al nostro fianco neanche quando, insieme alla salute pubblica, difendevamo dai miasmi e dagli scoli della terza discarica agognata da Mascaro i vigneti Doc, le clementine IGP e le colture pregiate dei nostri imprenditori agricoli.
Evidentemente per loro quella non è artiglieria imprenditoriale “pesante”.

F.to da: Rosario Piccioni, Aquila Villella, Gennarino Masi, Giuseppe D’Ippolito, Amalia Bruni, Luciano Rimini, Nicolino Panedigrano, Giuseppe Gigliotti, Felice Lentidoro, Antonino Mario Campisi e Pino Crapella.