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Uccide più la mafia il silenzio o l’assenza dello Stato? Taurianova sciolto per mafia tre volte va alle urne a novembre. Poco convincono le forze in campo in uno scenario dove impera il gioco delle tre carte.

Taurianova-cartelloE’ incredibile, un fazzoletto di terra di appena 48 kmq.  situato ai piedi della dorsale che unisce  la costa, quella viola, alle Serre ed all’Aspromonte, a leggere le carte, è ritenuto, a torto o a ragione, la cittadella più mafiosa d’Italia. Detiene un primato da Guinness: dal ’91 ad oggi il suo organo rappresentativo, il consiglio comunale, è stato sciolto per infiltrazione mafiosa già tre volte. Da quando è stata introdotta la legge 221 sono stati sciolti per mafia ben 240 comuni, cifra al netto dei 14 provvedimenti annullati per accettazione dei ricorsi presentati dai vari enti.
Per la cronaca, il record dei comuni mafiosi spetta alla Campania, seguita ad una incollatura dalla Calabria e, poi, dalla Sicilia. Le altre regioni fanno registrare cifre insignificanti. A livello provinciale, invece, Reggio di Calabria vanta la presenza dei migliori “atleti” iscritti al  “campionato”, seguita da Napoli, Caserta, Palermo e Vibo Valentia.
Una sola considerazione, tanto per non indurre in confusione il lettore: quanto avviene a Roma, a Milano, a Genova, anzi che a Venezia o vattelappesca, quella non è mafia: si definisce corruzione, tangente, peculato, concussione. Nel profondo sud, invece, tutto è compreso nel calderone “mafia” e tutto è ascrivibile e riconducibile alla ‘ndrangheta, alla camorra, alla sacra corona unita, organizzazioni ormai ramificate ad ogni latitudine e longitudine, ma non legittimate oltre il Rubicone.
Certo i Calcidei di Zancle, l’attuale Messina, ed i Bruzi di Tauriana, che diedero vita a questo insediamento, non avevano messo in bilancio che Nuova Taurianum potesse assurgere alle italiche glorie. Ebbene, malgrado gli importanti trascorsi storici che l’hanno connotata come Città d’Arte, fatti e misfatti, relazioni ed  informative di noi moderni classificano Taurianova, invece, come cittadina mafiosa posta nel triangolo più turbolento della penisola. Sul territorio, dicono numerosi ed accreditati report, insistono ‘ndrine che gestiscono attività illecite e che si sono infiltrate nell’economia legale e nell’ambito politico ed amministrativo, tanto che il consiglio comunale della cittadina fu il primo in Italia a essere sciolto per inquinamento mafioso, nel 1991. Il 3 maggio di quell’anno – poi battezzato venerdì nero –  la mattanza di quattro persone e la testa mozzata ad una delle vittime, poi presa a bersaglio (in codice mafioso massimo sfregio)  determinò l’intervento urgente del governo in carica. Gli episodi mafiosi non ebbero fine e la travagliata vita politica cittadina costrinse nel 2009 Maroni, ministro degli interni, a reiterare lo scioglimento della compagine amministrativa del sindaco Domenico Romeo, che dopo due anni di commissariamento, ripresentatosi, venne rieletto.
Non c’è pace, però, nella cittadella aspromontana, tant’è che nel 2013, dopo l’invio di una commissione di accesso da parte del prefetto di Reggio Calabria, Piscitelli, il comune di Taurianova viene, per la terza volta, sciolto per infiltrazione mafiosa, a pari merito con Casal di Principe e Casapesenna, feudi dei Casalesi campani.

Mi ha portato a Taurianova il fatto che domenica 15 novembre p.v. si voterà per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale; che avrei potuto incontrare ed ascoltare il sindaco rimosso Domenico Romeo, che nell’aula magna dell’Istituto scolastico Gemelli Careri, affollata da studenti ed insegnanti, presenti il giudice De Grazia, presidente emerito della Corte di Cassazione, sindaci dei comuni limitrofi, rappresentanti dell’amministrazione provinciale reggina e giornalisti di varie testate, avrei potuto sapere e quindi capire di più di quella cittadina che ricade nell’arcipelago del malaffare insieme a Terranova, Varapodio, Molochio, Cittanova, Oppido Mamertina, R
izziconi, Seminara, Melicucca e, senza offendere alcuno, mi fermo qui perché l’elenco sarebbe molto lungo.
Quali i risultati: da studente non ricordo mai una platea  così attenta come quella di Taurianova e, sopra tutto, il silenzio tombale nel quale echeggiavano solo le parole appassionate e sofferte del giudice De Grazia, che ha parlato di giustizia, quella vera, di legalità, quella vera, di lotta in trincea e non in salotto, di antimafia parolaia e salottiera, del business creato attorno all’antimafia, delle fortune realizzate da pseudo professori di lettere e cartoline e da improvvisate università per combattere il malaffare.
Il giudice De Grazia, Romano De Graziache le cose non le manda a dire, ha poi invitato “il caro simpatico don Ciotti” ad un confronto sul tema legalità e trasparenza: “stabilisca Lei la data, l’ora ed il luogo, si faccia magari assistere da un suo esperto di diritto”“Se anche questa volta – ha aggiunto il giudice – elude il mio invito, vuol dire che Lei, sull’argomento dice bugie. E per farsi perdonare dica qualche messa in più. Fa bene a tutti, anche a lei”.
La platea, studenti ed insegnanti, come anche il parterre dei relatori, sono esplosi in una standing ovation durata qualche minuto; e non si trattava di una fiction televisiva, ma del desiderio di una cittadina che, mal tollerando l’etichetta affibbiatale di “mafiosità”, ha colto l’occasione di dire all’Italia intera che quattro cialtroni, per assenza dello Stato, non possono fare il bello ed il cattivo tempo.

Il procuratore nazionale antimafia, dott. Franco  Roberti, in occasione di una recente intervista ebbe a dire che “se lo Stato fa lo Stato non ce n’è per nessuno”.
Ma tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare e desidero aggiungere che se la magistratura facesse la magistratura, la criminalità non avrebbe vita facile. Il successo ottenuto da magistrati e forze dell’ordine nell’inchiesta relativa al grave fatto di sangue avvenuto a Cassano dello Ionio è la prova evidente di quanto vado sostenendo. Centro Studi Lazzati ed il suo presidente Romano De Grazia hanno plaudito all’operato della procura distrettuale antimafia di Catanzaro e del procuratore aggiunto Vincenzo Luberto. “Han dato prestigio e credibilità in Calabria – ha postato l’emerito presidente della Corte di Cassazione – all’Istituzione giudiziaria. Hanno dimostrato acume e competenza, pervenendo all’individuazione dei responsabili del triplice omicidio. Hanno portato a termine le indagini senza trombe e trombettieri, senza pifferi e pifferai. Questi sono i magistrati utili alla Calabria e che  onorano la toga: più conosciuti presso l’ufficio del Massimario della Cassazione che non presso le redazioni di giornali compiacenti”.  

E’ giunto il momento che ognuno scenda in campo nel rispetto dell’assunto che alle parole devono seguire i fatti, perché giustizia, legalità, trasparenza non hanno né colore né appartenenza. Ci si aspetta, quindi, che don Ciotti, la Musella, i santoni ed i pifferai che dell’antimafia hanno fatto la loro “ragion di vita” scendano in campo a Taurianova, come ogni dove è necessario dimostrare che lo Stato è Stato e non è solo una  mucca da mungere.
Lo tengano ben presente  anche  i Magorno, la Napoli, compagni ed aspiranti tali. Lascino l’onere delle visite pastorali a Papa Bergoglio, unico punto fermo nello scenario politico mondiale.